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“Vesuvio si riprenda le case dei napoletani”. La Meli si difende: “Era un’iperbole”

La giornalista del Corriere della Sera, Maria Teresa Meli, ha definito la frase pronunciata due giorni fa in diretta tv ad Agorà “un’iperbole paradossale”.
A cura di En.Ta.
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"Un'iperbole paradossale". Così la giornalista del Corriere della Sera, Maria Teresa Meli, definisce la frase pronunciata due giorni fa in diretta tv ad Agorà, parole che sul web sono state viste come un vero e proprio insulto ai napoletani. Meli, parlando di abusivismo edilizio, si era augurata che "il Vesuvio si riprendesse le case messe lì dai napoletani". La giornalista è intervenuta subito dopo un servizio mandato in onda in cui si vedeva un borghetto abusivo completamente mangiato dalle onde del mare. "Quelle case fanno orrore perché sono state costruite là, non mi fa orrore che se le sia prese il mare", aveva detto.

“Sono stata accusata di augurarmi che il Vesuvio seppellisca i napoletani, e, di conseguenza, sono stata bollata di razzismo", scrive la notista politica di via Solferino. "Partiamo dal secondo addebito che mi viene fatto: sono la prima di tutta la mia schiatta, sia da parte di madre che di padre, a essere nata nel ‘continente'. La Sicilia è la mia terra per ragioni culturali, sentimentali, oltre che familiari. Perciò l’accusa di razzismo, che pure mi è stata rivolta, non mi fa sorridere, mi fa ridere”, si difende Meli dalle colonne del Corriere.

Per quanto riguarda il Vesuvio, la giornalista si difende con queste parole:

“Si stava parlando dello scempio del territorio che è stato fatto in questo Paese con la complicità della politica e delle diverse amministrazioni locali. L’esempio di cui stavamo discutendo era quello di Castel Volturno, dove il mare ha distrutto le villette costruite sulla spiaggia in spregio a ogni regola. Villette, in molti casi, condonate perché in Italia, è noto, un condono edilizio non si nega mai a nessuno. Ciò che intendevo dire è semplice, ma, come spesso accade nei talk show, non ho avuto modo di spiegarmi. Io penso, e questo lo confermo e non lo rinnegherei per niente al mondo, che chi costruisce sulle pendici di un vulcano in attività sa perfettamente che rischio corre”.

“Definire questo razzismo significa essere in mala fede o peggio, vuol dire che si accetta il fatto che nel nostro Paese le regole, quando esistono, possono essere violate a piacimento”, conclude la giornalista.

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