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Video di Sfera Ebbasta al castello di Baia, è polemica fra archeologi

Dito medio alzato dal Castello di Baia: il video ufficiale di “Calipso”, nuovo singolo del trio Fabri Fibra, Mahmood e Sfera Ebbasta scatena la disputa fra archeologi. Alcuni ritengono infatti inappropriato aver concesso l’utilizzo del sito archeologico per un’opera simile. Ma fra gli studiosi c’è anche chi non è d’accordo.
A cura di Claudia Procentese
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È montata in sordina la polemica, ma ha già diviso in pareri contrastanti chi ha visto il video ufficiale di “Calipso”, nuovo singolo del trio Fabri Fibra, Mahmood e Sfera Ebbasta. Al centro delle critiche la presenza di quest’ultimo, il trapper di Sesto San Giovanni, che sulla terrazza panoramica del castello di Baia, oggi sede di un museo archeologico, è protagonista di quella si prospetta essere a tutti gli effetti la futura hit di un’estate che tarda ad arrivare. E nel frattempo ci pensa la disputa ad accalorare gli animi mossi tra lo sconcerto per la scelta del Parco archeologico dei Campi flegrei come scenario di un videoclip, da ieri online per la regia di Attilio Cusani, con un artista così chiacchierato come Sfera Ebbasta e, invece, il plauso ad un’iniziativa che può arrivare ai giovanissimi e far conoscere loro le bellezze senza tempo di Baia e Cuma.

Ingioiellato, denti d’oro, capelli rosso sangria, a suo agio anche davanti le cariatidi di antica memoria, Sfera Ebbasta canta: “Io non so più dove ho messo il cuore / Forse non l’ho mai avuto / Forse l’ho scordato / Dentro ad una ventiquattrore / Ma non mi ricordo dove”. Location da sogno per il brano prodotto da Charlie Charles, ma convince poco quelli che non amano la metrica minimalista che parla di strada e droga di Sfera Ebbasta. «Nessun moralismo, non ho nulla contro il genere musicale o il personaggio, il filmato è fatto bene e sono favorevole al fatto che raggiunga i più giovani – commenta Tsao Cevoli, direttore del master in archeologia giudiziaria e crimini contro il patrimonio culturale promosso dal Centro Studi Criminologici di Viterbo -, ma il gesto del dito medio in una delle sequenze sminuisce il valore simbolico del luogo e ne mina la stessa cura e conservazione veicolando messaggi errati. In Grecia sono proibiti i selfie con le opere d’arte e un motivo c’è. Chi si occupa di patrimonio culturale dovrebbe curarne anche l’immagine, dovrebbe visionare più attentamente ogni progetto di comunicazione. Alcune parti del videoclip con la loro potenza mediatica rischiano di vanificare gli sforzi attuati dai docenti e dagli operatori del settore per educare al rispetto del patrimonio. I beni culturali hanno per il nostro Paese un alto valore identitario. Come e forse più di una bandiera o di un’istituzione. Con quei gesti offensivi ha oltraggiato la nostra storia, le nostre radici, la nostra terra, in breve la nostra comunità e tutti coloro che del suo patrimonio culturale si sentono partecipi».

Di parere opposto il collega Paolo Gull, professore associato all’Università del Salento, che ribatte: «Forse può dar fastidio Sfera Ebbasta, ma il video non fa torto a nessuno. In questo genere di creatività, che provoca per farsi ascoltare, bisogna andare oltre l’apparenza. Molto più discutibili sono stati, a mio avviso, i Bronzi di Riace vestiti con il perizoma. Le immagini di “Calipso” non sono offensive nei confronti del nostro patrimonio culturale, quelli che criticano non le hanno nemmeno viste. La cornice straordinaria dell’archeologia flegrea mi sembra una scelta vincente». La diatriba corre anche via web, dopo che sulla pagina Facebook del Parco archeologico dei Campi flegrei sono state pubblicate le foto del backstage. Da «Con Sfera Ebbasta si è dato uno schiaffo a 2000 anni di storia» a «Se serve a divulgare la bellezza dei Campi flegrei tra i giovani, ben venga» l’ago della bilancia è impazzito e la querelle adesso appassiona non solo archeologi e addetti del settore, ma anche chi segue la musica, fan o spettatore che sia. Certo è che la canzone è orecchiabile, la scenografia del video è suggestiva. Sul promontorio a picco sul mare, mentre alcuni bambini corrono tra mura e bastioni della vecchia fortezza aragonese alla ricerca del cuore perduto, Mahmood invoca Calipso: “Sulle strade di Napoli / Corro, corro, corro / Dentro vicoli scomodi / Corro, corro, corro / Siamo stanchi ma giovani / Corro, corro, corro / Dammi forza per non fermarmi / Se questa vita può prendermi / Calipso / Corri ragazzo nei vicoli / Cento sirene negli angoli / Nessuno cercherà nel tuo cuore / Calipso / Cerchi per strada miracoli / Gli altri ti dicono, “C’est la vie” / Ora ricordi dov’è il tuo cuore”. Antico e moderno si scontrano. In mezzo Calipso, che accolse Ulisse naufrago e si innamorò di lui, lo trattenne per sette anni finché non obbedì a Zeus e lo lasciò partire. E ora attira su di sé l’attenzione di tutti i naviganti.

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