Whirlpool conferma l’addio allo stabilimento di Napoli
Addio allo stabilimento Whirlpool di Napoli: l'azienda produttrice di elettrodomestici ha confermato la volontà di voler lasciare la fabbrica di via Argine, nel quartiere orientale di Ponticelli, dove da mesi era in atto una mobilitazione degli operai che temevano proprio questa ipotesi, che potrebbe portare alla disoccupazione centinaia di persone. Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa direttamente controllata dal Ministero dell'Economia, sarebbe già al lavoro per trovare un nuovo soggetto che subentri alla multinazionale statunitense nello stabilimento napoletano, definito "insostenibile" dalla stessa Whirlpool.
La fabbrica dovrebbe chiudere definitivamente il 31 marzo
Le indiscrezioni provenienti dal tavolo in corso al Ministero dello Sviluppo Economico presieduto dal ministro Stefano Patuanelli sono dunque tutt'altro che positive: l'obiettivo, adesso, sembra spostarsi verso la ricerca di un possibile investitore che subentri entro il prossimo luglio alla Whirlpool. Luigi La Morgia, amministratore delegato di Whirlpool Italia avrebbe infatti sottolineato come non vi sia più sostenibilità economica della produzione di lavatrici a Napoli, sebbene l'Italia resti "strategica per il gruppo", che nella Penisola conta oltre cinquemila dipendenti. Il problema riguarderebbe dunque esclusivamente lo stabilimento di via Argine, dove l'azienda rivendica comunque di aver cercato in tutti i modi di rilanciare la produzione, ma che l'azienda perderebbe circa 20 milioni di euro l'anno dalla struttura di via Argine. I 17 milioni di euro previsti per la fabbrica napoletana saranno dunque redistribuiti sugli altri stabilimenti del gruppo, secondo quanto trapelato finora.
Le parole del ministro Patuanelli
Sulla vicenda Whirlpool si è espresso ancora una volta il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Pautanelli: "Se un'azienda decide di non continuare la produzione per insostenibilità economica, non esistono strumenti normativi coercitivi che possano impedirle di chiudere attività".