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Mario Merola, 10 anni dopo la morte va ricordato come artista. Basta parlare di guapparia

A un decennio dalla morte è venuto il momento di riabilitare il Re della sceneggiata. Basta parlare di guappi e guapparia: fu un artista e come tale la città deve ricordarlo.
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Dieci anni fa piazza del Carmine si riempiva come un uovo per l'addio a Mario Merola. Nei giorni a venire non si fece che parlare – con la solita indignazione telecomandata – di una frase dell'allora sindaco Rosa Russo Iervolino circa la figura del ‘guappo buono'. Esiste una ‘guapparia buona' ci si chiese? E inevitabilmente si confuse il ruolo dell'artista con quello del personaggio. Mario Merola con don Salvatore Savastano di ‘Napoli Calibro 9' che pistola in pugno era il guappo buono, il contrabbandiere-eroe pronto a vendicare una volta l'onore, una volta l'offesa mortale alla famiglia, una volta la buona gente ferita dai delinquenti senza scrupoli.

Sono passati dieci anni, si diceva. Ed è il momento giusto – lo dicono le disposizioni in materia di toponomastica – per chiedere al Comune di Napoli di intitolare una strada o una piazza a Merola. Il Re della sceneggiata non c'entra nulla con quei personaggi e nel quartiere San'Erasmo, lì dove ebbe i natali, c'è già un bassorilievo che lo ricorda. Comunque vada, Mario Merola è già leggenda. Spetta ora solo all'Amministrazione comunale decidere di far finta di niente oppure finalmente, tributargli il dovuto.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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