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Agguato a pastore e a figlio, un arresto per l’omicidio di Domenico Pennasilico

Un giovane di 23 anni, Bruno Di Meo, è stato arrestato per l’agguato contro Domenico Pennasilico e il figlio, il 23 aprile 2019, in cui il 60enne è stato ucciso. L’omicidio sarebbe maturato per faide tra le due famiglie legate a motivi di pascolo; sono in corso le indagini per l’identificazione degli altri complici del ragazzo.
A cura di Nico Falco
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Immagine di repertorio
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C'è un arresto per l'omicidio di Domenico Pennasilico, il pastore di 60 anni trovato morto il 23 aprile 2019 a Giffoni Sei Casali, in zona Cerzoni, e per il tentato omicidio del figlio Generoso Raffaele Pennasilico, rimasto illeso in quello che ha tutti i contorni di un agguato. Dopo mesi di indagini i carabinieri hanno stretto il cerchio intorno a Bruno Di Meo, 23 anni, anche lui pastore, di Giffoni Valle Piana (Salerno): avrebbe sparato contro i due, ferendo il 60enne e poi uccidendolo con un secondo colpo alla schiena. Il presunto assassino è stato arrestato nella serata di ieri, 18 settembre, dai carabinieri della Compagnia di Battipaglia, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip del Tribunale di Salerno su richiesta della Procura; le accuse sono di tentato omicidio, concorso in omicidio volontario e porto ingiustificato di arma da sparo.

L'agguato al pastore Pennasilico e al figlio

L'omicidio era avvenuto il 23 aprile 2019, avrebbero preso parte più persone. Secondo la ricostruzione la vittima era col figlio per recuperare dei bovini che si erano allontanati dalla loro zona di pascolo quando furono esplosi i colpi di arma da fuoco contro il ragazzo. Quasi contemporaneamente altri colpi vennero esplosi contro il 60enne: un primo, sparato da un fucile caricato a pallettoni, lo aveva colpito alle gambe e a un gluteo, immobilizzandolo. L'uomo aveva subito telefonato al figlio, dicendogli di scappare. Il figlio era riuscito a mettersi in salvo e aveva chiamato i soccorsi, segnalando alle forze dell'ordine che il padre era rimasto vittima di un agguato e che non riusciva più a mettersi in contatto con lui.

Il corpo di Domenico Pennasilico fu ritrovato qualche ora dopo nei pressi di un torrente vicino a un dirupo. L'autopsia accertò che dopo il primo colpo ce n'era stato un secondo, esploso a distanza ravvicinata da circa un metro e mezzo, che lo aveva raggiunto alla schiena e gli aveva distrutto gli organi interni.

"Ho sparato ai caciocavalli per la Madonna dei Carbonai"

Bruno Di Meo, indicato dal figlio della vittima come colui che aveva provato ad ucciderlo, era stato subito rintracciato e aveva fornito un alibi, poi rivelatosi infondato. Le analisi del Ris di Parma avevano evidenziato tracce di polvere da sparo sui suoi capelli e sui pantaloni, che per la Procura sono "univocamente indicative dell'utilizzo di recente di armi da sparo, compatibili peraltro con le particelle estratte dai bossoli rinvenuti sul luogo del tentato omicidio e sulla via di fuga di Domenico Pennasilico".

Il giovane aveva provato a spiegare la presenza della polvere da sparo dicendo di essere andato "a sparare ai caciocavalli per la Madonna dei Carbonai", tradizione popolare del martedì in Albis. Il movente sarebbe da ricercare in una faida tra le due famiglie, legata ai pascoli. La Procura sta proseguendo le indagini per identificare i complici di Di Meo.

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