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Avellino, sequestrate pecore “abusive”: erano prive di ogni identificazione

Pecore “abusive”, prive di ogni identificazione ed in alcuni casi indicate come “al macello” o addirittura “smarrite”. Il blitz in un’azienda zootecnica in Alta Irpinia. Il titolare deve ora rispondere di falsità in atti, truffa, ricettazione, violazioni della normativa in materia di registrazione degli esemplari di specie ovina e di gestione dei rifiuti.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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[Immagine di repertorio]
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Pecore "abusive" sequestrate nella provincia di Avellino: si tratta, nel dettaglio, di ovini non dichiarati o in alcuni casi dichiarati macellati se non addirittura smarriti. Abusivi, dunque, nel senso letterale del termine, perché non avrebbero dovuto esserci. E così per loro è scattato il sequestro amministrativo da parte delle forze dell'ordine, che sono intervenute all'interno di un'azienda zootecnica della Valle del Cervaro, la vallata fluviale situata tra l'Appennino Campano e il Subappennino Dauno, che si trova a cavallo fra le province di Avellino e quella di Foggia. L'operazione è stata condotta dai carabinieri della Stazione Forestale di Ariano Irpino, che hanno anche deferito in stato di libertà il titolare dell'azienda stessa.

Il controllo, effettuato anche assieme al personale veterinario dell'Asl di Avellino ed ai colleghi delle stazioni forestali di Mirabella Eclano e Castel Baronia, hanno riguardato ben 150 ovini. Tra questi, una trentina circa non erano registrati, e per dieci di loro è scattato il vero e proprio sequestro. Alcuni di essi risultavano infatti ufficialmente macellati ed in un caso addirittura smarrito. Il titolare è stato così denunciato alla Procura della Repubblica di Benevento, competente per il territorio dell'Alta Irpinia, e deve ora rispondere delle accuse di falsità in atti, truffa, ricettazione, violazioni della normativa in materia di registrazione degli esemplari di specie ovina e di gestione dei rifiuti. L'uomo è stato anche multato di oltre 3mila euro perché una ventina di bovini, seppur provvisti di marchio auricolare, non erano stati inseriti nella Banca Dati Nazionale, nonché di altri 600 euro per il mancato smaltimento dei rifiuti liquidi depositati nella fossa settica nei termini indicati dalla legge.

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