Bimbo ucciso a Cardito, la sorellina: “Portate papà in carcere, beve e ci picchia”
"Dovete portate in prigione mio padre, la sera beve la birra e ci picchia, e mamma deve chiamare i carabinieri". Ricoverata nell'ospedale Santobono, mentre disegnava coi pennarelli in mano e con ancora sul corpo le ferite dei pestaggi, la sorellina di Giuseppe Dorice aveva chiesto così aiuto a un poliziotto, che le aveva fatto visita il 28 gennaio, il giorno dopo il tremendo pestaggio che aveva portato alla morte il fratellino di 7 anni. La circostanza è stata riferita dallo stesso agente durante il processo, oggi a Napoli. Un grido di aiuto, arrivato troppo tardi. Ma anche la prima volta che l'incubo superava le mura di quell'abitazione di Cardito: tutti sapevano, nessuno aveva mai denunciato.
Nè Valentina Casa, la madre dei ragazzi, che ora è accusata di comportamento omissivo. Nè i vicini, che sentivano le urla e i rumori provenienti da quell'appartamento. Nè le maestre, che una volta si erano accorte che la bambina era arrivata in classe con l'orecchio quasi strappato. Ora ci aveva pensato lei, direttamente, a parlare con le forze dell'ordine, ma era già troppo tardi: la bimba non lo sapeva ancora, ma il fratellino era già morto.
La vicina: "La bimba era irriconoscibile, sembrava un mostro"
La sorellina di Giuseppe Dorice era stata picchiata così tanto, e così forte, da essere diventata irriconoscibile. Le palpebre gonfie e pesanti che chiudevano gli occhi, tanto che doveva sollevarle con le dita per vedere; i capelli strappati sulla nuca, le ferite all'orecchio; i lividi per tutto il corpo, e il gonfiore, e tutti i segni che possono lasciare le percosse di un adulto fuori di sè sul corpicino di una ragazzina di 8 anni: "Mi sembrava un mostro, era irriconoscibile", ha detto la vicina di casa ai giudici.
La bimba aveva i capelli strappati
Per quell'omicidio sono sotto processo Tony Essobti Badre e Valentina Casa, il primo accusato di omicidio nei confronti del ragazzino e tentato omicidio per l'altra bambina, mentre la madre dei piccoli è accusata di comportamento omissivo, per non essere mai intervenuta né avere mai chiesto aiuto dopo le violenze del compagno sui bambini. "Non pensavo che una persona potesse arrivare a tanto – ha detto ancora la donna, durante la terza udienza del processo in corso a Napoli – quando ho visto la bambina ho pensato a mio figlio che ha otto anni. Aveva i capelli strappati, dietro la nuca. L'ho vista per pochi istanti ma fa male ricordare".
I bambini terrorizzati, "era la casa degli orrori"
La donna ha raccontato poi delle volte in cui aveva visto Giuseppe e la sorellina andare a scuola, "avevano sempre gli occhi bassi, sembravano impauriti". Quel giorno, quando Tony Essobti Badre picchiò a morte i due bimbi, "non mi è stato chiesto aiuto" e nemmeno "ho sentito urlare". Poi la testimone ha confermato le dichiarazioni rese nell'immediatezza dei fatti: "quella era la casa degli orrori: Badre che urlava sempre tantissimo e diceva parolacce".