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Bimbo ucciso di botte a Cardito (Napoli)

Bimbo ucciso a Cardito, Tony Badre in carcere: “Su Giuseppe mi sono ingrippato, mannaggia”

Dai colloqui in carcere tra Tony Essobti Badre e i parenti emerge la linea difensiva dell’uomo: ammettere le percosse ma negare la volontà di uccidere. Il decesso, si dicono, sarebbe soltanto una conseguenza della scelta di non chiamare il 118 subito, ma, del resto, lui il piccolo Giuseppe lo aveva “solo picchiato, come le altre volte”.
A cura di Nico Falco
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"Li ha picchiati pesante, ok… e ci sta, ma non è che ha pensato, va bene, adesso questo muore, tra poco muore. Li ha picchiati altre volte, quindi è il suo modo di fare e ha pensato di farlo anche quella domenica. Basta, li picchio, imparano la lezione. Che poi ha provocato in testa delle emorragie ecc ecc… lui non è che fa il dottore, quindi non se n'è accorto nemmeno". In altre parole: certo, Tony Essobti Badre ha massacrato i bambini, ma non voleva certo ucciderli e, quindi, che paghi per il pestaggio, non per l'omicidio. Le parole, terribili, sono contenute nell'ordinanza che ha portato all'arresto di Valentina Casa, madre del piccolo Giuseppe Dorice, e all'altra accusa per Badre, che ora deve rispondere non solo dell'omicidio del bambino ma anche del tentato omicidio della sorellina. Sono state intercettate nelle ore successive alla morte di Giuseppe, sulle utenze usate dai familiari dell'uomo. E sono successive a un incontro in carcere, con dialoghi che si sono svolti sulla stessa linea. Era la strategia difensiva che stavano concordando. Negare la morte, non era possibile. Nemmeno negare il coinvolgimento. Quindi, l'ultima carta da giocare rimaneva quella: ammettere le percosse, ma sostenere che non ci fosse volontà di uccidere, che la morte fosse la conseguenza della scelta, condivisa con la madre dei bambini, di non chiamare subito i soccorsi. Un incidente di percorso su una lunga strada di "paliate" correttive, per mettere in riga i bambini ed educarli a non fiatare.

Anche il colloquio in carcere del 14 febbraio, tra Tony e un familiare, ha questo tono. "Non ti devi fare mille problemi – gli dice il parente – tu lo hai picchiato come lo hai picchiato le altre volte…". Punto fondamentale: deve negare di avere usato un oggetto per colpire i bambini. Quella mazza di scopa di cui parlano anche i bimbi nei racconti delle precedenti violenze deve sparire dalle dichiarazioni. La morte, si dicono i due, è sopraggiunta solo perché Valentina non ha voluto chiamare subito il 118. Badre risponde, spiega quello che ha combinato, ripercorre le fasi delle aggressioni. Ammette i pugni, i calci, "mi sono proprio ingrippato, mannaggia", dice, poi concorda: "è mancato soccorso perché non lo abbiamo portato in ospedale, quello è stato".

Poi, al telefono, il parente continua a parlare dell'accaduto, e la linea resta la stessa. "È stato un pezzo di merda – dice, riferendosi a Badre – ma quella violenza l'ha usata solo per dare una lezione. Poi si è trasformato in una tragedia, né lui né lei si sono resi conto. Deve pagare per quello che ha fatto, nessuno lo mette in dubbio, ma non per un omicidio…".

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