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Lo Stato risarcisce 110mila euro al presunto boss Esposito per una accusa di omicidio

Antonio Esposito, presunto boss di Camorra arrestato oggi durante una operazione contro il clan Catuogno-Di Biase, negli anni scorsi fu risarcito dallo Stato con 110mila euro per un omicidio che si riteneva non avesse commesso. Rivelazioni di alcuni pentiti indicano però l’uomo come il responsabile, ma adesso non può più essere processato per il delitto.
A cura di Valerio Papadia
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Una storia incredibile quella che emerge dall'operazione perpetrata questa mattina dai carabinieri – condotta dalla Dda di Napoli – che ha portato all'arresto di otto persone ritenute affiliate al clan Catuogno-Di Biase, ala scissionista del clan Mallardo – operante a Giugliano e nei comuni dell'hinterland a Nord di Napoli. Uno degli arrestati, Antonio Esposito, ritenuto un presunto boss di camorra, negli anni scorsi ottenne un risarcimenti di 110mila euro dallo Stato per ingiusta detenzione, in quanto accusato dell'omicidio di un giovane immigrato: l'uomo, dopo una condanna all'ergastolo arrivata in primo grado, era stato definitivamente assolto, con sentenza definitiva, ottenendo il risarcimento pecuniario.

Alla luce dell'arresto avvenuto questa mattina e dopo le rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia, però, è emersa la responsabilità di Esposito nel delitto: il paradosso è che, per il principio del "ne bis in idem", l'uomo non può più essere processato per il delitto. In diritto penale, il "ne bis in idem" – che, in latino, significa "non due volte per la medesima cosa" – vieta che un imputato possa essere processato due volte per lo stesso delitto.

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