Ventisei anni. Posso quasi vederla mentre cammina per le strade di Forcella, con i tacchi che risuonano sul basolato i lunghi capelli biondi sulle spalle, il sorriso sicuro. Camminerebbe disinvolta nei vicoli con una borsa da lavoro al braccio, o forse spingerebbe un carrozzino, o magari sarebbe altrove, in un’altra città, “emigrata”, come si usava dire un tempo, in cerca di un lavoro. Sarebbe così Annalisa Durante se solo quel giorno di 12 anni fa non fosse finita nel mezzo di un agguato, prendendosi la pallottola diretta a uno dei tanti Giuliano che hanno fatto di Forcella un reticolo di strade mortali.
E invece oggi, nel giorno del suo 26esimo compleanno, di lei resta solo una foto in mezzo a tante altre foto. Troppe. È immensa la famiglia delle vittime di camorra. Sono padri, nonni, giovani donne, lavoratrici, lavoratori, tutti accomunati da un unico destino ferale: essere finiti nel fuoco incrociato di due clan rivali. Sorridono nelle fotografie stinte che sono tutto quel che resta di loro: no, non solo alle famiglie, a tutta la comunità. Una comunità, quella napoletana, quella della società civile, quella della resistenza alla camorra, che periodicamente aggiunge un nuovo membro alla famiglia dei morti innocenti. Una nuova cornice sulla mensola ideale con le foto dei cari.
Si arricchisce sempre di più quella mensola, tanto che alcune facce vengono spinte più indietro per fare spazio a quelle nuove, dove spuntano i volti di ragazzini di 17 anni con i capelli biondi come quelli di Annalisa. Anche la memoria e il dolore si cristallizzano, in questo massacro che nessuna guerra al crimine scalfisce di un graffio. E in questa famiglia di sangue che è la Napoli della camorra, non potendo vederti crescere, faremo come si fa in tutte le famiglie: soffieremo sulle candeline per te, continueremo a vivere con l’atroce rimorso di aver potuto fare qualcosa di buono, per salvarti, invece di guardare altrove, distratti e assorti nella quotidianità delle nostro vite. Buon compleanno Annalisa.
