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Camorra, il killer è latitante a Dubai: il processo non può iniziare

Non c’è la prova giuridica che l’imputato sappia che ci sia un processo a suo carico. E così non può iniziare il processo a Raffaele Mauriello, detto ‘o chiatto, accusato dell’omicidio di Andrea Castello, il braccio destro del boss Mariano Riccio, e del ferimento del guardaspalle Ruggiero Castrese: secondo il pm Marra si troverebbe a Dubai.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Un paradosso vero e proprio: il processo ad un presunto killer di camorra non può iniziare, perché non c'è la "prova giuridica" che l'uomo, nel frattempo latitante e che si presume essere a Dubai, sappia di essere imputato nel processo. Un loop che potrebbe continuare all'infinito, e che dunque potrebbe portare il processo a non iniziare mai, perché da ormai cinque anni non si può più procedere in contumacia.

Protagonista della vicenda è Raffaele Mauriello, 23 anni, dal 2018 latitante: secondo il pm dell'antimafia Vincenza Marra, il giovane si troverebbe a Dubai e ne ha chiesto l'estradizione. Viene ritenuto il killer responsabile dell'uccisione di Andrea Castello, il braccio destro del boss Mariano Riccio, e del ferimento del guardaspalle Ruggiero Castrese: l'agguato risale al 14 marzo 2014 a Casandrino, durante la faida interna del clan Amato-Pagano. Andrea Castello, detto ‘o chiatto, è il figlio di Ciro Mauriello che, assieme a Pierino Caiazza, si ritiene che si contendessero le piazze di spaccio dell'hinterland nord di Napoli. Lo scorso anno gli inquirenti andarono in quello che è l'ultimo domicilio conosciuto di Mauriello per arrestarlo, ma vi trovarono solo la madre: e da allora è ricercato.

Quest'oggi il presidente del collegio giudicante Giuseppe Provitera, della prima sezione della Corte di Assise, ha dovuto rinviare tutto e disporre nuove ricerche: oggi infatti avrebbero dovuto essere ascoltati cinque agenti della polizia giudiziaria ed un consulente tecnico, ma per un difetto di notifica tutto è letteralmente saltato. E così nell'aula 115 del Tribunale di Napoli quest'oggi il tutto si è concluso con un rinvio all'8 aprile 2020. Ma il processo rischia in realtà di non essere mai celebrato.

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