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Caso Davide Bifolco: “Colpo non accidentale e la scena del crimine è stata inquinata”

L’udienza sul caso di Davide Bifolco, il 17enne morto a Napoli per un colpo di pistola sparato da un carabiniere, finisce con un rinvio al 16 marzo prossimo. Dubbi sull’accidentalità del colpo.
A cura di Gaia Bozza
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"Colpo non mirato non vuol dire colpo accidentale. Con questa ammissione del consulente balistico della Procura, mi ritengo soddisfatto. È una cosa che noi sosteniamo da tempo". È con queste parole che l'avvocato della famiglia Bifolco, Fabio Anselmo, commenta la nuova tappa processuale del caso di Davide Bifolco, il 17enne ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2014, al Rione Traiano di Napoli. L'udienza finisce con un rinvio del gup Ludovica Mancini al 16 marzo prossimo.


Davide Bifolco, i lati oscuri dell'inchiesta

Sul rinvio potrebbero aver pesato alcune circostanze, come i dubbi sull'accidentalità del colpo. "Non so come sia potuto accadere": durante le indagini, Giovanni Macchiarolo, imputato per la morte del giovane, diceva così agli inquirenti, descrivendo  il momento in cui aveva premuto il grilletto. Ma nella perizia, è scritto nero su bianco, bisogna fare una certa pressione sul grilletto per sparare. Altro nodo centrale è la distanza: qual è stata? Cosa significa un colpo "non mirato" se non equivale a "colpo accidentale"?  Altro interrogativo che potrebbe imprimere al caso una direzione diversa è il fatto che la scena del crimine sia stata "inquinata – racconta l'avvocato Anselmo – Il perito lo ha ammesso in aula". Ricostruire la scena del delitto, infatti, è stato impossibile poiché i mezzi – il motorino sul quale viaggiava Davide con due amici e l'auto dei carabinieri – sono stati presto spostati. E anche perché non è stato mai ritrovato il bossolo. Su questo, poi, una testimonianza raccolta dalla difesa della famiglia Bifolco è piuttosto inquietante, poiché riferisce che qualcuno, un rappresentante delle forze dell'ordine, avrebbe preso il bossolo, ma la persona che potrebbe aver visto questa scena non è mai stata ascoltata dagli inquirenti.

Il caso viene riaperto

A  luglio il pm Manuela Persico, titolare delle indagini insieme a Nunzio Fragliasso, aveva chiesto una condanna per il carabiniere a 3 anni e 6 mesi di reclusione, con il riconoscimento delle attenuanti generiche; la pena era diminuita di un terzo, poiché il militare aveva scelto il rito abbreviato. Ma le obiezioni poste dalla difesa della famiglia Bifolco hanno determinato una riapertura, di fatto, del caso.Oggi anche un presidio di solidarietà organizzato dall'associazione "Davide Bifolco – il dolore non ci ferma" e da parenti e amici del ragazzo, che per l'occasione hanno affittato un bus da 60 posti per "consentire a tante persone del Rione di recarsi al tribunale per chiedere verità e giustizia per Davide", spiega Gianluca Muro, zio del giovane. "Noi del Rione Traiano viviamo in quella che il governo ha definito una ‘zona rossa', circondati da forze dell'ordine: sembra di vivere a Baghdad". Come ha ricostruito Fanpage.it, molti sono gli elementi poco chiari nel processo Bifolco: leggendo gli atti, il nostro giornale ha rilevato numerose contraddizioni nella versione offerta dall'imputato e dai suoi colleghi agli inquirenti. Le loro versioni dei fatti sono piuttosto divergenti tra loro, e a loro volta sono in palese contraddizione con le registrazioni delle loro conversazioni quella notte, che il legale della famiglia Bifolco ha fatto acquisire. Oggi, una nuova tappa: il 16 marzo il gup scioglierà la riserva sul caso e potrebbe chiedere una nuova perizia.

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