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Storie di boss “sopravvissuti”: da Antonio Spavone a Ciro Mazzarella fino all’immortale di Gomorra

Il miracoloso ritorno in vita di Ciro Di Marzio, l’Immortale di Gomorra, ha dei precedenti nella realtà della camorra napoletana: sopravvissero a gravi agguati il boss Antonio Spavone, ‘o Malommo, colpito in faccia, e il re dei contrabbandieri, Ciro Mazzarella, lo Scellone, che sopravvisse a un agguato in cui una delle pallottole gli si fermò nel petto.
A cura di Nico Falco
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Ciro Di Marzio - Marco D'Amore
Ciro Di Marzio – Marco D'Amore
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Sopravvivere a una pallottola dritta in petto è improbabile, ma non impossibile. "Basta" che il proiettile non leda organi vitali, che non si conficchi nel cuore o nei polmoni. Probabilità bassissime, certo. Quasi nulle. Ma può succedere. E non solo nella teoria: è quello che è capitato a due noti boss della camorra, che dopo gravi agguati sono miracolosamente tornati dalla morte. Ed è quello che è successo anche a Ciro Di Marzio, l'Immortale di Gomorra: il suo ritorno in vita non è un espediente cinematografico, ma anche quello, come per altre decine di situazioni, è stato ispirato da vicende, storie e aneddoti della camorra napoletana. Anche se, a differenza dei due boss, l'Immortale è rimasto in mare invece di essere portato subito in sala operatoria.

Antonio Spavone, il primo capo della camorra napoletana

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Antonio Spavone (15 maggio 1926 – 5 maggio 1993), detto ‘o Malommo, è stato uno più noti boss della camorra napoletana, indicato come il primo vero capo in un periodo in cui non c'era stata ancora l'organizzazione centralizzata della Nco di Raffaele Cutolo. Figlio di un pescatore, sin da giovane Spavone si avvicina agli ambienti del contrabbando, così come poi succederà per altri boss del calibro di Michele Zaza. A 19 anni, durante il banchetto nuziale di sua sorella, con 13 coltellate uccide un uomo per vendicare il fratello. È l'inizio dell'ascesa: da quel giorno eredita il soprannome che era stato del fratello Carmine e del nonno Ciro: ‘o Malommo.

Nel 1966, mentre è detenuto nel carcere di Firenze, durante l'alluvione salva la vita a tre compagni di cella, a due poliziotti penitenziari e alla figlia del direttore del penitenziario. Per quel gesto il presidente Saragat gli concede la grazia. La storia era già finita in un film, con un altro alter ego: don Antonio ‘o Malacarne, nel film "Il Camorrista" di Giuseppe Tornatore, che prima di affrontare Ben Gazzara/Raffaele Cutolo riceve la lettera in cui gli viene comunicata la grazia dal Presidente della Repubblica; secondo il libro "I boss della camorra", di Bruno De Stefano, Cutolo realmente sfidò in carcere Spavone a "tirare con la molletta", a un duello con un coltello.

Nel 1976 Antonio Spavone è vittima di un attentato: gli sparano in faccia. Rimane gravemente deturpato ma sopravvive, anche se deve sottoporsi a decine di interventi chirurgici negli Usa. Nel 1979 torna a Napoli e pochi anni dopo, nel 1984, alcuni pentiti lo accusano di essersi legato alla Nuova Famiglia, la consorteria di clan creata per fronteggiare l'ascesa del "professore di Ottaviano"; viene successivamente ritenuto estraneo e assolto. Muore nel 1993 nella sua casa del Vasto-Arenaccia, a causa di un cancro.

Ciro Mazzarella, lo Scellone: vivere con 4 pallottole in corpo

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Ciro Mazzarella (2 aprile 1940 – 2 settembre 2018), detto ‘o Scellone, è stato uno dei capi del clan Mazzarella, il maxi-gruppo camorristico che ancora oggi si contrappone all'Alleanza di Secondigliano; più che alla camorra napoletana, era a tutti gli effetti legato alla mafia. Figlio del patriarca Francesco Mazzarella e nipote di Michele Zaza (di cui era sei anni più grande), fu uno dei principali capi del contrabbando. Originario di San Giovanni a Teduccio, si trasferì nella zona di Santa Lucia, nel centro di Napoli.

Dopo un principio come "spallone", ovvero quello che trasporta merci oltre frontiera, con gasolio e benzina, passò alle sigarette e divenne il protagonista di quel periodo in cui gli inseguimenti tra forze dell'ordine e criminali si spostarono sul mare, quando Guardia di Finanza e contrabbandieri erano i nuovi indiani e cowboy: in breve tempo riuscì a costruire un impero da 6 miliardi di lire di profitto al mese, al cambio attuale circa 4 milioni e 400mila euro al mese.

Ciro Mazzarella fu vittima di un agguato in via Padre San Rocco, vicino alla Stazione Centrale di Napoli, nel marzo del 1981. Morì l'uomo che era con lui e una fruttivendola che in quella storia non c'entrava nulla. Lo Scellone rimase gravemente ferito: lesioni alla testa, al petto, all'addome. Una pallottola gli si conficcò in petto, come a Ciro Di Marzio. In ospedale ci arrivò più morto che vivo, i medici lo diedero praticamente per spacciato. Ma si salvò. É morto dopo una lunga malattia a 78 anni nella sua casa di Posillipo, dove si era trasferito da qualche anno, il 2 settembre 2018.

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