Colera a Napoli, i medici del Cotugno: “L’allarme epidemia non esiste”
Dopo la diagnosi di colera per una mamma e il suo bambino di due anni, ricoverati all’ospedale Cotugno di Napoli, è esploso (almeno sulla stampa) l’allarme colera.
Per avere chiarimenti sul caso, fanpage.it ha intervistato il Direttore generale Antonio Giordano e il Direttore della Prima divisione Malattie infettive Carlo Tascini dell’ospedale Cotugno. Entrambi hanno negato l’ipotesi epidemia, ritenuta impossibile in quanto si tratta di una malattia “sporadica e d’importazione”. Infatti i pazienti, residenti a Sant’Arpinio, hanno contratto il colera nel paese di origine – il Bangladesh – dove si erano recati per un viaggio. Come spiega Antonio Giordano: “Si tratta di una malattia del viaggiatore. Se una persona va in uno Stato dove esiste una condizione di endemia di questi bacilli, rischia – se non rispetta delle banali norme igieniche – di contrarre la patologia, comunque evitabile sottoponendosi a una semplice profilassi”. L’ultimo caso registrato in Italia risale al 2008, quando un paziente proveniente dall’Egitto, fu ricoverato a Milano, come ci conferma Carlo Tascini.
“Grazie al laboratorio siamo riusciti a identificare questo patogeno, che per noi è molto raro – continua Tascini – sono quarant’anni che non si isolava”. Per sicurezza i risultati sono stati inviati all’Istituto Superiore di Sanità, che ha confermato la diagnosi dei medici.
Il rischio di una psicosi a Napoli non si è mai avverto: al momento solo un paziente si è recato al pronto soccorso del Cotugno con la preoccupazione – infondata – di aver contratto la malattia. Quanto alla notizia diffusa nelle ultime ora in merito ad una "corsa al vaccino" nessuno – spiegano i medici – lo ha richiesto: in ogni caso il Carlo Tascini tranquillizza tutti: “Non penserei a una vaccinazione per il colera in Italia perché non c’è rischio. Piuttosto per noi sono importantissimi altri tipi di vaccinazione come quello per l’influenza, oppure penso a quello per il pneumococco, il meningococco o il morbillo, dato che – conclude – siamo il secondo Paese in Europa, dopo la Romania, per casi di morbillo”.