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Basilica del Carmine, esposto Crocifisso dei Miracoli. Come durante la Peste del 600

L’apertura straordinaria al pubblico della statua prodigiosa si è verificata solo nei periodi di calamità, come la peste del 1656 e il terremoto del 1688. “Al Santissimo Crocifisso affidiamo la città di Napoli, l’Italia, l’Europa e il mondo intero” è la preghiera dei religiosi del Santuario che hanno voluto lo “svelamento” eccezionale a causa dell’emergenza sanitaria.
A cura di Claudia Procentese
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Fedeli silenziosi e sparpagliati nella navata centrale per rispettare la distanza di sicurezza sanitaria da coronavirus, ma tutti con lo sguardo in alto ad adorare la croce. Questa è l’immagine che appare in questi giorni appena entrati nella basilica del Carmine maggiore di Napoli. È stato svelato il Crocifisso miracoloso. Un’esposizione eccezionale dal momento che si è verificata solo nel 1656 per fermare la pestilenza, nel 1688 in occasione del devastante terremoto, oltre che durante le eruzioni del Vesuvio e nel primo sabato di quaresima. Già da una settimana nella chiesa a ridosso di piazza Mercato, dove si venera la “Mamma d’o Carmene”, è stato tolto il drappo rosso che copre l’antico Crocifisso di legno con i capelli di seta dorata. Le cronache dell’epoca raccontano che chinò il capo sulla spalla destra senza subire danni, così come lo si vede oggi, per scansare un colpo di bombarda, conservato tra gli ex voto, che sfondò l’abside quando nel 1439 l’assedio aragonese trasformò l’edificio sacro in fortezza angioina con le artigliere sul campanile.

Un prodigio rimasto radicato nella devozione napoletana a causa delle sue peculiarità. Il proiettile di pietra del diametro di circa 36 centimetri che finì la sua corsa sul capo santo rivelò l’epifania terrena del Cristo. La statua, infatti, ritenuta inizialmente irrimediabilmente danneggiata, mostrò invece, al momento della conta dei danni di battaglia, un Gesù che dalla posizione con lo sguardo supplicante rivolto al cielo e la bocca aperta era diventato chino con occhi chiusi, lingua tra i denti e muscoli del collo tesi nello sforzo di schivare. Il Crocifisso, divenuto d’improvviso pesante come un corpo umano e inizialmente esposto in piazza, venne poi conservato nel tabernacolo che Alfonso d’Aragona fece costruire  in riparazione del danno e del sacrilegio, sul ponte sotto l’arco trionfale della tribuna.

La recente apertura straordinaria al pubblico, che si aggiunge a quella dal 26 dicembre al 2 gennaio di ogni anno, è stata voluta dai religiosi del santuario pochi giorni prima che il decreto governativo e le direttive della Conferenza episcopale italiana sospendessero le celebrazioni pubbliche delle sante messe sia feriali che festive fino al 3 aprile, limitando il culto alla preghiera personale. «In queste ore segnate dalla preoccupazione per il succedersi degli eventi, sarà aperto alla venerazione dei fedeli, il Santissimo Crocifisso miracoloso, che da sempre viene svelato nei periodi di calamità. A lui affidiamo la città di Napoli, l’Italia, l’Europa e il mondo intero» è la preghiera dei sacerdoti che accompagna l’adorazione. Il muto pellegrinaggio è iniziato già da ieri, scandito dai tempi e dagli spazi del coronavirus.

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