Saltano i protocolli nazionali sui tamponi, si allarga l’obbligo anche a chi non presenta sintomi di sorta ma è stato a contatto, sia pur indiretto, con persone ammalate. È il frutto della decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (prima sezione civile, giudice Giovanna Caso) che ha accolto, in via d’urgenza, il ricorso presentato dall’avvocato Angelo Cocozza, a tutela del padre ricoverato in una struttura riabilitativa di Castel Morrone, centro convenzionato nel quale si è registrato un caso di infezione da Covid-19.
Non potendosi escludere il contagio – scrive il giudice – e tenendo conto del “particolare stato e dell’età vulnerabile” del paziente ricoverato, ha imposto l’immediata verifica delle sue condizioni di salute. Ha ordinato, quindi, ai legali rappresentanti della clinica “Villa delle Magnolie” di non procedere alle dimissioni fin a quando non saranno saranno noti i risultati del tampone, da “effettuare immediatamente” e, nel frattempo, di porlo in isolamento. Nel breve dispositivo, una paginetta, il giudice sammaritano ha concesso due giorni all'avvocato Cocozza per le notifiche e sette alla controparte per le controdeduzioni. La trattazione nel merito è fissata per il 7 aprile. Una decisione clamorosa, che il giudice ha assunto in ossequio al dettato costituzionale e alla prevalenza del diritto alla salute, che finisce una prima risposta a quanti, da giorni, chiedono di poter effettuare il tampone in quanto familiari con-viventi di contagiati. Un allargamento, dunque, per via giurisdizionale, della campionatura ristretta decisa ai vertici sanitari nazionali e regionali ma che rischia di far implodere il già lentissimo esame degli infetti e degli asintomatici, anche all'interno delle strutture ospedaliere o para-ospedaliere. Un protocollo che sinora ha bloccato pure i tamponi ai familiari conviventi di pazienti risultati positivi al virus o, addirittura, morti.