Napoli, tamponi in ritardo: ‘Mamma intubata, attendiamo i risultati da 5 giorni’
“Mia mamma di 75 anni ha i sintomi del Coronavirus, da lunedì è ricoverata al San Giovanni Bosco dove medici ed infermieri l’hanno egregiamente accolta e tuttora se ne stanno prendendo cura, da 3 giorni è intubata. Ciò nonostante ancora non conosciamo l'esito del tampone. E senza questa informazione non può partire la terapia con anti-virali, gli anestesisti della struttura hanno anche chiesto di poter somministrare della “clorochina” ma pare che per problemi burocratici non abbiano ricevuto la concessione. Ma con un paziente che ha un quadro clinico così evidente, perché non è possibile iniziare già la terapia causale? È possibile che dopo 5 giorni ancora non si sappia che ha, anche se è intubata? Mia mamma non ha patologie pregresse, potrebbe salvarsi, ma senza terapia rischia di morire, mentre noi siamo a casa in isolamento preventivo senza sapere se ha veramente il Coronavirus e senza poter fare nulla per lei”. È il grido di dolore di Antonio Daniele, dipendente ospedaliero di Napoli, preoccupato per le sorti dell'anziana madre a causa dei ritardi nell'arrivo del risultato del tampone: “Io non voglio gettare fango sulla Sanità – racconta – ringrazio Dio di vivere in Italia dove c'è un' assistenza sanitaria pubblica che funziona. Ma in questi casi di emergenza bisognerebbe dare fare una distinzione tra il paziente intubato e chi è Covid positivo ma al momento ha solo febbre e tosse”.
Quando ha avvertito i primi sintomi sua madre?
“Circa una settimane fa sia lei che mio padre hanno cominciato a non star bene e ad avere febbre. Mercoledì della scorsa settimana abbiamo cominciato a somministrare la tachipirina. Mio padre è stato meglio subito, mia madre no, la febbre è scesa, ma aveva sempre la tosse. Venerdì su suggerimento di un amica medico le abbiamo misurato la saturazione che non era buona e quindi abbiamo cominciato a preoccuparci.
Cosa ha fatto allora?
Ho chiesto a mia moglie di andare in isolamento dai suoi genitori. Mentre io ho accudito i miei nella loro casa. Venerdì sera, quando ho visto che la saturazione era bassa, ho chiamato il 118. È arrivata l'ambulanza che l'ha portata all'ospedale San Paolo a Fuorigrotta, ma la saturazione era 90 e non aveva febbre e non l'hanno trattenuta”.
Poi cosa è accaduto?
“Ho continuato a monitorarla sabato, ma sono insorti problemi respiratori. Così su indicazione del medico curante che è sempre stato presente e disponibile al telefono, le ho dato l'ossigeno, fino a quando domenica notte ho chiamato di nuovo il 118. Lunedì sono arrivati attorno alle 4-5 del mattino per prelevarla e l'hanno portata al San Giovanni Bosco, dove c'era un posto disponibile, e le hanno fatto il tampone. Quando è arrivata in ospedale mamma respirava bene, le hanno messo solo l'ossigeno. Mercoledì, però, ci hanno chiamato e ci hanno detto che era stata intubata perché aveva avuto una crisi respiratoria. Adesso è in terapia di mantenimento. Ma senza l'esito del tampone loro sono bloccati, non possono attivare le terapie antivirali. E noi familiari ci sentiamo impotenti”.
Perché?
“Io mi sono messo a casa in auto-isolamento e sto lavorando in smart-working e sono in contatto giornaliero con il medico curante. A me non hanno fatto il tampone perché non ho sintomi. Mio padre è a casa isolato, così anche gli altri familiari. Anche se non sappiamo se mia madre ha il Coronavirus, perché nessuno ci ha avvisati. Ciascuno a casa sua senza poter fare niente o poterla assistere. Siamo impotenti e avviliti. Mi chiedo come sia possibile tutto questo”.