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Covid-19 in crisi anche i baretti: “Riapriamo col bancone in plexiglass, ma serve aiuto Stato”

Davide Arnò, titolare del Flame di via Aniello Falcone, a Fanpage.it: “Siamo i più colpiti dal Coronavirus. Baretti e discopub sono luoghi di aggregazione. Non potremo fare feste neanche con la fase 2 e non possiamo fare delivery. Siamo avviliti. Possiamo stare chiusi un mese, ma non anticipare le spese di fitti e utenze per un anno, perché non recupereremo mai. Lo Stato ci aiuti o dovremo chiudere”.
A cura di Pierluigi Frattasi
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“I locali della movida sono i più colpiti dal Coronavirus. Baretti, discoteche e discopub nascono proprio come luoghi di aggregazione. Noi facciamo tantissime feste, ma come si fa a tenere 10 persone a distanza di un metro. Anche una foto di gruppo diventa impossibile. Per noi la riapertura, la fase 2 sono un miraggio. Saremo gli ultimi ad aprire. E noi non facciamo neanche il delivery, non portiamo i mojito a casa. Questa crisi rischia di affossare il settore. Possiamo stare chiusi un mese, ma non anticipare le spese di fitti e utenze per un anno, perché non recupereremo mai. Lo Stato ci aiuti o dovremo chiudere”. Non nasconde la preoccupazione Davide Arnò, titolare del Flame, uno dei locali più noti del by night in via Aniello Falcone a Napoli. “Di noi – dice Davide – nessuno parla. I baretti sono luoghi dell'allegria, dove scambiare due chiacchiere e fare i compleanni con gli amici. Come faremo nei prossimi mesi? Siamo avviliti”.

State pensando a delle soluzioni?

“Io ci penso tutti i giorni. Noi possiamo anche mettere i divisori di plexiglass sul bancone del barman e regolare gli ingressi per una persona alla volta. Ma come si fa a gestire? Il Governo ci deve dare indicazioni. Dire, per esempio, per le feste, che in un locale di 100 mq possono entrare al massimo 30 persone. Me mettere i box di plastica attorno ai tavolini mi sembra una cosa assurda. Una coppia di fidanzati sarebbe chiusa come in vetrina. Ma chi verrebbe in un posto così? Ci sono tanti imprenditori che hanno investito e rischiano di non riaprire. Noi possiamo limitare le spese del personale e cercare di trovare accordi con i proprietari per i fitti. Ma lo Stato ci dia la possibilità di mantenere le strutture vive, per il periodo dell'emergenza, fino a quando non si tornerà alla normalità”.

Da quanto tempo siete chiusi?

“Noi siamo stati tra i primi a chiudere. Il Flame ha sospeso le attività dall'8 marzo scorso. Era sabato, avevamo quattro feste prenotate, tra lauree e compleanni. È stata una mia decisione quella di anticipare i provvedimenti di Governo e Regione. All'epoca c'erano solo le prime restrizioni, con l'obbligo di rispettare il metro di distanza, che obiettivamente sono impossibili da rispettare in realtà come la nostra. Io ho un bimbo piccolo, quando ho capito la gravità del virus, ho pensato che fosse rischioso aspettare. Così ho chiamato i ragazzi dello staff e li ho avvisati che avremmo chiuso il locale. Abbiamo fatto bene, perché poi quella notte di sabato e la domenica abbiamo saputo che ci sono state raffiche di multe sia al Vomero che a Chiaia”.

Sono stati i giorni degli ultimi assembramenti in strada per la movida, piazza Bellini era piena.

“È stato così in tutt'Italia. Poi è sopraggiunta la consapevolezza del rischio del contagio. All'inizio forse non è stata spiegata bene la pericolosità del virus. Poi si è visto che il Covid19 colpisce anche i giovani, che sono il nostro range di utenti, che spesso sono asintomatici e possono diventare veicolo di contagio tra familiari e amici. Per questo chiudere il locale all'inizio è stata anche una decisione anche etica”.

Avete avuto aiuti economici finora?

“Non abbiamo avuto niente. Abbiamo fatto domanda per la cassa integrazione dei dipendenti dello staff, ma ancora non è arrivata. Intanto stiamo anticipando noi. Ma ci sono locali che non hanno la forza economica di farlo. Quello che pesa di più sono gli affitti, le utenze e gli altri costi fissi. In via Aniello Falcone un affitto può arrivare anche a 3mila euro al mese. A me è appena arrivata una bolletta della luce da 400 euro e, a parte qualche frigo acceso, non abbiamo consumato quasi nulla. Sono questi i costi che chiediamo di bloccare allo Stato. Se dovremo stare chiusi per 8-10 mesi, dovremo anticipare queste spese. Ma come si può pensare di pagare 60mila euro all'anno di costi fissi e poi riaprire l'anno prossimo? Significa chiudere”.

Il credito d'imposta sugli affitti non basta?

Assolutamente no. Può essere utile per qualche mese, ma non per un anno. La riduzione del 60% di credito d'imposta è uno sgravio sulle tasse. Non significa che paghiamo il 40% dell'affitto”.

Quindi chiedete il blocco affitti?

“Sì, se si vuole mantenere vive queste attività. Se il Governo non interverrà col prossimo decreto su queste cose, dovremo aspettarci tantissimi fallimenti nei prossimi mesi. Ma chi anticiperebbe 50-60 mila euro di spese all'anno, senza avere la certezza che poi l'attività ritorni ad essere quella di prima. Gli incassi non saranno più gli stessi. Ci dicano qual è il futuro che ci aspetta”.

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