Crollo Ponte Morandi a Genova, il triste bilancio della Campania è di sei napoletani morti
La strage del Ponte Morandi di Genova ha un bilancio. Forse non ancora finale, visto che si scava ancora dopo quasi quarantotto ore, ma comunque molto vicino a quello definitivo. Ed è pesantissimo. Trentanove morti, sei di quali provenienti dalla Campania e, per la precisione, dalla provincia di Napoli. Storie che si sono incrociate tra loro per caso, storie di giovani ed adulti, che non si conoscevano tra loro ma che si trovavano su quel maledetto ponte che è crollato spezzando via per sempre le loro vite.
La Dama Nera si è presa in un solo colpo quattro giovani di Torre del Greco, tutti sotto i trent'anni. Viaggiavano su una Golf, erano diretti a Nizza a casa del fratello di uno di loro, per poi proseguire a Barcellona, dove li attendeva una delle loro fidanzate. L'ultima chiamata poco dopo le 11 di mattina ai genitori, in cui avvisavano di essere già a Genova. Non potevano immaginare l'assurdità di un ponte dell'autostrada che sarebbe crollato poco dopo, mentre loro lo attraversavano.
A bordo dell'auto c'erano Giovanni Battiloro, forse il più "conosciuto" del gruppo. Giornalista e videomaker freelance, aveva collaborato con diverse testate e di recente era stato a Dimaro, per seguire il ritiro del Calcio Napoli. Su quella Golf c'era anche Antonio Stanzione, il più piccolo del gruppo con i suoi diciannove anni. Era un promettente deejay dell'area vesuviana. Poi c'era Matteo Bertonati, il "rampollo" di una delle dinastie più importanti di Torre del Greco nel settore del corallo. E poi c'era Gerardo Esposito, detto Gerry, un tecnico manutentore. Quattro ragazzi come tanti, le cui vite si sono spente nel crollo del Ponte Morandi.
La quinta vittima napoletana della tragedia è Gennaro Sarnataro, quarantotto anni. Stava lavorando come sempre, a bordo del suo furgone di trasporto. Portava frutta e verdura per conto di un'azienda di Scafati, nel salernitano, ma lui era di Casalnuovo. L'immagine emblematica del suo camion, schiacciato dalle macerie ma con il logo ancora visibile, aveva colpito tutti. A vedere quelle immagini anche il proprietario dell'azienda per cui lavorava, che ha così allertato subito chi di dovere. Ma neanche per lui c'è stato scampo: la Dama Nera, dopo una mattinata di speranza, se l'è portato via, strappandolo alla moglie ed a due figli piccoli.
La sesta vittima campana è invece Stella Boccia, ventitreenne di Somma Vesuviana. Lei era l'unica dei sei campani scomparsi nella tragedia che viveva altrove, nell'aretino. Ma nel comune vesuviano risiedeva ancora la sua famiglia, tra cui lo zio, Gennaro Vitagliano, vicecomandante dei vigili della locale stazione. La giovane era in auto con il suo fidanzato, Carlos Jesus Eraso Trujillo, ventiquattrenne peruviano anche lui residente ad Arezzo, e stavano andando in vacanza. Anche loro erano su quel maledetto ponte: sono stati identificati grazie alla targa del loro veicolo, rimasto schiacciato sotto le macerie del Ponte Morandi.
Le storie dei sei campani rimasti uccisi sotto le macerie del Ponte Morandi a Genova, assieme a quelle di tutti gli altri che hanno perso la vita, a quelli che sono rimasti feriti ed alle oltre seicento persone che sono state sfrattate da casa, visto che ora è a rischio anche il pilone che sovrasta alcune abitazione, adesso deve soprattutto far riflettere. In particolare, come sia possibile morire in Italia, nel 2018, per il crollo di un ponte dell'autostrada. Come ha detto il prefetto di Genova, non si può parlare di fatalità. Ma di errore umano. Un errore che ora non può, e non deve, ancora ripetersi.