Culto di San Gennaro, il tesoro conteso tra la Chiesa e i napoletani
A chi appartiene il culto di San Gennaro? È tutto lì il nòcciolo della questione morale e giuridica che in questi giorni vede protagonisti Stato, Chiesa e popolo napoletano dopo il decreto del ministro Angelino Alfano. Ma cosa c'entra il dicastero guidato da Alfano con la cappella dedicata al santo e il tesoro che da secoli vi si custodisce? A vigilare sui gioielli donati nel corso dei secoli al patrono di Napoli da nobili, imperatori e Papi è, da 4 secoli, la Deposizione di San Gennaro, organismo laico guidato dal sindaco di Napoli, depositario della custodia del culto. Sulla sua composizione è intervenuto di recente il Ministro dell'Interno, cambiando i criteri che regolano le nomine dei suoi membri: ai componenti si affiancherebbero 4 membri di nomina della curia, cioè del cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, introducendo una "quota" della Curia nell'organismo. Inoltre il Ministro si riserva di rinominare gli 11 membri in carica.
Un cambiamento difficile da digerire per il consiglio di nobili napoletani che per secoli ha lottato per affrancarsi dalla Chiesa nella cura del cappella e del tesoro, rivendicando un ruolo giuridico che va bene oltre quello di semplici tenutari di un bene religioso. Tutto dipende, ora, dall’approvazione del nuovo Statuto contenuta nel decreto del Viminale. I delegati della Deposizione hanno annunciato ricorso, nei termini previsti, contro il documento del dicastero. Secondo i suoi membri il nuovo statuto snaturerebbe la costituzione dell'organismo che da sempre ha tutelato il patrimonio, segnando di fatto la nuova ingerenza della Chiesa nel ruolo di custodia e amministrazione della cappella e del tesoro. Un'ingerenza che – sottolineano i membri della Deputazione, è sempre stata auspicata dall'arcivescovo Sepe, in particolare con il Comitato diocesano san Gennaro, nato per organizzare feste e celebraizoni e diventato poi una sorta di "competitor" della Deposizione.