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De Luca, il problema è che adesso non si ride più

In cinque mesi di governo il ‘sistema’ De Luca è già paurosamente logoro: la continua battaglia contro qualcuno o qualcosa ha ristretto i suoi margini d’azione politica. Il governatore oggi amministra ma non governa a pieno la Regione Campania. E se l’inchiesta romana andrà avanti su questa strada rischia seriamente di dover tornare a casa.
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Il sorrisetto beffardo stavolta è forzato, le battute ci sono, sì, inanellate con tempi che nemmeno un autore di Maurizio Crozza sarebbe in grado di dettare: «Manna? Io ricordo la manna dal cielo»; «Ho dato ai giornalisti più lavoro di Murdoch, mi dovrebbero nominare Cavaliere del lavoro» e così via. Ma non è più come prima. Fra le caustiche affermazioni e i non so/non conosco, una verità emerge ed è nella citazione che Vincenzo De Luca fa d'una frase attribuita al filosofo greco Eraclito: ethos anthropoi daimon», il carattere di un uomo è il suo destino. È sempre stata nel carattere e nella storia politica dell'attuale presidente della Regione Campania la presunzione del controllo assoluto dei processi politici e amministrativi che gli stavano intorno. Da sindaco di Salerno e capo corrente incontrastato del Salernitano, da deputato, da outsider candidato alle primarie regionali. E ora che a Palazzo Santa Lucia ci ha messo piede, Vincenzo De Luca ha scoperto che non è più possibile controllare tutto. E tutti. Nemmeno i fedelissimi.

Il guaio non è l'inchiesta, ma l'agibilità politica

La vicenda giudiziaria che lo coinvolge insieme all'uomo-ombra Nello Mastursi, grave nelle accuse ma al momento caratterizata da una legittima, sacrosanta, presunzione d'innocenza, ha questo di particolare: mostra gli ingranaggi già incredibilmente logori dei vertici regionali. A soli 5 mesi dall'insediamento si è letteralmente usurato, Vincenzo De Luca, arrivando alla poltrona di governatore combattendo contro i veti incrociati del Pd Campania, nelle primarie di partito, scontro con Rosy Bindi e la commissione Antimafia, nella competizione elettorale contro Stefano Caldoro e contemporaneamente nelle aule di giustizia per i guai salernitani (dal Crescent in poi) e per la famigerata Legge Severino conseguente la condanna per abuso d'ufficio. Sospensiva, sospensione della sospensiva, giudizio del tribunale civile, corte costituzionale, gutta cavat lapidem, la goccia ha – nemmeno tanto lentamente – scavato la monolitica corazza dell'uomo che voleva governare la Campania, lasciando, oggi, un grandissimo punto interrogativo che parte da terra e arriva fin su all'ultimo piano di piazzale Clodio, sede della Procura di Roma.

Vincenzo De Luca amministra ancora. Ma governa?

È chiaro che il governatore ha al momento tutti i poteri amministrativi per governare. Ma ha ancora lo spazio politico? Esiste una libertà d'azione in un contesto in cui si è legati a una indagine per corruzione d'un giudice? Esiste una serenità politica in una situazione del genere, mentre il contesto è quello di una campagna elettorale permanente che porterà il prossimo anno al voto città come Napoli e Salerno? È allo stesso tempo che i consiglieri regionali appena arrivati non hanno la benchè minima intenzione di ritornare a casa a nemmeno mezzo anno dall'insediamento. E infine: un Matteo Renzi – che ‘voci di dentro' riferiscono come preoccupato e non poco incazzato per l'evolversi dei fatti campani – inconterà mai nei mesi a venire un Vincenzo De Luca indagato per fatti così gravi, fino a che l'affare non sarà chiarito? È chiaro che da oggi abbiamo un visconte dimezzato a Palazzo Santa Lucia, altro che ‘sorrisetti' e ‘personaggetti'. Ed è ancor più chiaro che sarà la magistratura, ancora una volta, a dettare i tempi della politica all'ombra del Vesuvio. Ma questa situazione non la si può certo imputare agli inquirenti, che hanno un unico dovere, ora: quello di chiarire, rapidamente, i contorni dell'indagine che hanno iniziato.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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