Le parole di un uomo politico si valutano in un solo modo: guardandole attraverso la sua storia politica e le di governo o gestione. Luigi De Magistris al congresso fondativo di Sinistra Italiana ha pescato a piene mani nel vocabolario del comizio d'un tempo, quello in cui il politico saliva sul palchetto e arringava guardando lontano, al Sol dell'Avvenire. Sarà stato che al Palacongressi di Rimini c'era un po' di foschia, ma quel tiepido rassicurante calore della sinistra di lotta e di governo è riuscito al massimo a scaldare le prime file del neonato prodotto di scissione politica progressista italiana. I napoletani che sono rimasti nella loro città si sono invece interrogati su qualcosa di più concreto: il sindaco da sette anni del capoluogo campano, eletto e rieletto, al congresso SI ha urlato che bisogna occuparsi della gente che letteralmente «se puzza ‘e famme», puzza di fame, efficace modo in napoletano per definire coloro che reddito non hanno, strappando applausi.
Già, ma se occorre occuparsi di chi reddito non ha, una domanda da lettore operaio – la citazione brechtiana è dovuta, vista la platea – è d'obbligo: dove è finito il reddito minimo di cittadinanza promesso a Napoli da Luigi De Magistris durante la campagna elettorale del maggio 2016? È una domanda legittima per quanto fastidiosa: le promesse elettorali sono sì da marinaio (presto fatte, presto dimenticate) ma se vengono rinnovate all'interno di un discorso di progettualità politica riprendono attualità e vanno sostanziate dai fatti. De Magistris parla di giustizia sociale: dov'è il provvedimento orizzontale di aiuto alle classi meno abbienti della città? Possibile che quasi 900mila abitanti abbiano rimosso questa promessa?