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Delrio ride degli abusivi fuori al porto di Napoli? Invece sono una sciagura

Ma cosa c’è da ridere? I prodotti contraffatti uccidono l’economia e sono alla base di una catena di sfruttamento che inizia dai lavoratori negli opifici e termina con gli extracomunitari che vendono in strada il materiale ‘pezzotto’.
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Il ministro delle Infrastrutture, il renzianissimo Graziano Delrio, quando stamane, a Napoli, si è trovato tra le immagini al computer del progetto di come sarà il porto di Napoli anche gli abusivi che vendono materiale contraffatto, ci ha riso su. «Amo questa città» ha detto.

Perplessità: ma il ministro ama cosa? Gli architetti burloni (o realisti)? O gli abusivi? Forse si dovrebbe informare col suo omologo all'Economia Pier Carlo Padoan e farsi spiegare che danno rappresenta quel mercato. Tutta roba fasulla, contraffatta in opifici che spesso sono dei terranei o dei garage, con condizioni di lavoro indegne per chi vi opera a nero. Il tutto per riprodurre borse, foulard, cinture, portafogli di griffe famose, italiane ed estere. Dolce e Gabbana, Gucci, Yves Saint Laurent, solo per citarne alcune. E a chi deve render conto, quel business, se non alla alla malavita organizzata. Cosa c'è, dunque, da ridere?

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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