Donna interrompe il corteo di camorra, boss fa picchiare il commerciante che la difende
A San Giovanni a Teduccio non valevano le regole del Codice della Strada ma quelle di Umberto Luongo: quando passava lui, tutti si dovevano fermare. Il boss, oggi collaboratore di giustizia, doveva avere la precedenza, la sua automobile blindata doveva passare per prima e così gli scooter che gli facevano da scorta. E chi non era d'accordo se la vedeva brutta. La circostanza emerge dall'ordinanza che oggi, 22 gennaio, ha portato in manette 34 persone legate al clan Luongo – D'Amico, costola del clan Mazzarella, che dal quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio aveva allargato la propria influenza anche sui comuni limtrofi di San Giorgio a Cremano e di Portici approfittando della detenzione dei vertici del clan Vollaro; l'ordinanza è stata eseguita dai carabinieri del Comando Provinciale di Napoli.
L'episodio risale all'agosto 2018, la vittima è un commerciante che aveva difeso una donna durante una discussione col boss proprio per una mancata precedenza. Umberto Luongo, viene ricostruito nell'ordinanza, era nelle strade di San Giovanni a Teduccio alla guida della sua Lancia Thesis blindata. Un'automobile da diverse decine di migliaia di euro, funzionale per l'immagine di ricchezza e di potere che devono avere questi "cortei". Subito dietro, gli scooter che facevano da scorta al boss.
Una donna, però, non aveva voluto concedere la precedenza. Ne era nato un alterco e un commerciante della zona si era intromesso per difendere la donna, scatenando la reazione di Luongo. "Ma chi cazzo sei – gli ha urlato il boss – ti faccio saltare in aria, ti incendio il negozio". Poi lo ha seguito nella sua attività commerciale e lo ha preso a schiaffi e pugni al volto e subito dopo sono arrivati due uomini di scorta che hanno iniziato un feroce pestaggio a colpi di casco.
Il clan taglieggiava i commercianti di San Giorgio a Cremano anche imponendo la fornitura di sacchetti di plastica, che venivano vendute da prestanome di Luongo in pacchi da mille buste a 10 euro; in realtà dentro ce n'erano solo 750 perché, come dicono due indagati intercettati, tanto nessuno le avrebbe contate e, soprattutto, nessuno si sarebbe lamentato.