Fase 2 Covid19, Goretti di Jap One: “Ci saranno molti tagli, sopravviverà la qualità”
“Il Coronavirus ha avuto un impatto enorme sulla ristorazione e non sappiamo ancora cosa ci aspetta dopo. Dovremo ridurre i coperti forse di più della metà. Ci saranno grandi difficoltà organizzative, perché lavorare in cucina indossando la mascherina, con i vapori e il caldo, non sarà facile. Aprire in certe condizioni comporterà una forte riduzione della forza lavoro e queste persone dovranno essere aiutate dallo Stato, perché non possono farlo le aziende. Vanno allungati i tempi della cassa integrazione. Prezzi più alti per i piatti? Non credo sia una via obbligata, gli standard potranno anche alzarsi con un minor numero di coperti”. Ne è convinto l'imprenditore Roberto Goretti, amministratore del Jap One a Chiaia, il primo ristorante di sushi giapponese aperto a Napoli, nonché di altri noti locali cittadini, come il Tender, al Vomero, e il sushi-bar Kiss Kiss Bang Bang, in via Cappella Vecchia.
Riaprirete i locali per le consegne a domicilio da lunedì 27 aprile, dopo lo sblocco della Regione Campania?
“Stiamo valutando le modalità, ma non è facilissimo, perché bisogna organizzare la forza lavoro. Ma ci stiamo lavorando”.
Da quanto siete chiusi?
“Noi siamo chiusi dall'8 marzo scorso. È stata una decisione che abbiamo assunto in autonomia, quando abbiamo capito che la situazione stava degenerando. Ci siamo riuniti con altri amministratori e abbiamo deciso di sospendere le attività, anticipando di qualche giorno la decisione delle istituzioni. Ma in realtà abbiamo cominciato a sentire i primi danni già dall'inizio di febbraio, con un forte calo dei clienti. Alcuni hanno collegato virus cinese e cucina orientale. Ma ovviamente non c'è nessun collegamento tra le due cose. Io ho già vissuto due crisi simili per epidemie nate in Oriente: quella della Sars del 2002-2003 e quella dell'influenza Suina. Ma sono state molto più contenute. Il Covid19 ha assunto proporzioni globali mai viste, il cui esito è imprevedibile per la nostra categoria”.
Siete preoccupati che questo possa influire anche dopo?
“Ormai il virus si è internazionalizzato. Non credo che avremo questo problema. Ormai non c'è più differenza per la crisi tra un ristorante giapponese o una trattoria napoletana”.
In futuro bisognerà avere maggiore attenzione all'igiene nei ristoranti?
“C'è già molta attenzione. Ma siamo molto preoccupati per quello che accadrà. Si discute di accorgimenti ulteriori, che sono giusti, ma che rendono impossibile il concetto di ristorazione che è anche condivisione, incontro o tranquillità. È difficile mangiare in un ristorante dove sei servito da un cameriere con la mascherina e dove devi rispettare una distanza di 180-150 centimetri dagli altri. Perché una persona dovrebbe decidere di sottoporsi a ulteriori restrizioni per mangiare al ristorante? È prevedibile che molti rinunceranno”.
State pensando a delle soluzioni?
“La mia posizione, che è anche quella di altri ristoratori, è di posticipare il più possibile la riapertura al pubblico per due motivi: primo capire che succede quando si riaprirà e, sulla base di questo, regolarci per confezionare l'abito giusto per le nostre attività. Secondo, il tempo potrebbe portare la soluzione, non penso solo al vaccino, ma anche a cure più efficaci e accessibili, magari, che possono ridurre il rischio. Perché il tipo di provvedimenti di cui si discute adesso rendono impossibile attuare la ristorazione così com'era. Le nostre attività sono molto complesse da organizzare: indossare le mascherine in cucina, dove ci sono i vapori, il calore dei fornelli, dove lo chef deve sentire i profumi dei prodotti, non è semplice”.
Cosa chiedete, quindi, alle istituzioni?
“In primo luogo allungare i tempi della cassa integrazione per i lavoratori e rispettare le scadenze dei pagamenti. Finora i soldi non sono arrivati e le persone non sanno come fare per sopravvivere. Le aziende possono anticipare, ma non possono fare le veci dello Stato. Bisogna poi rendere più fluido l'accesso al credito nelle banche. All'estero i soldi ti arrivano velocemente sul conto corrente. Secondo, serve un aiuto per la copertura dei fitti. Perché 3-4 mesi di stop per alcuni locali può significare una perdita di 100mila euro di fitti. È impossibile farsi carico di queste spese”.
Si potrà continuare a fare cucina di altissima qualità con pochi coperti?
“L'alta qualità non ha mai un grande numero di coperti. In futuro, forse tra gli effetti di questa crisi potrà esserci anche quello di alzare il livello di qualità molto in alto. Ma il mondo della ristorazione è fatto di tante realtà. Al Jap One possiamo fare anche 25-30 coperti e offrire un grande servizio qualitativo. Ma il cibo è solo una delle componenti, tutta la parte della convivialità soffrirà”
I prezzi dei piatti saranno più alti?
“Non credo. Perché il prezzo è determinato da tanti fattori, come la maggior scelta di prodotto, un maggior numero di addetti ai lavori. Non è escluso anzi che i prezzi possano scendere, invece”.