Il sindaco sceriffo diventa governatore sceicco: l’esordio di Vincenzo De Luca
Lo sceriffo diventa sceicco: otto assessori, ben sei sono donne. «Che dite, abbiamo o no rispettato la quota rosa?» dice, accomodandosi nella sala giunta al terzo piano della Regione Campania, Vincenzo De Luca, il nuovo governatore della Regione Campania che da oggi prende possesso della gestione dell'Ente dopo un percorso accidentato, tra ricorsi e sospensioni. Lui ci tiene a far sapere che comunque a 36 giorni esatti dalla sua elezione è stato più rapido dei suoi precedessori a nominare la giunta: Antonio Bassolino ci mise 48 giorni, per Stefano Caldoro ce ne vollero ben 52.
De Luca entra a Palazzo Santa Lucia di buon mattino. Qualche giornalista mattiniero appollaiato sotto il palazzone regionale viene beffato: il neo presidente accede da un ingresso laterale (le entrate sono 3). C'è una telecamera che segue il neo governatore che accede al terzo piano, quello degli uffici di giunta. La prima riunione sui guai regionali è sul caso Terra dei fuochi. Lo spiegherà De Luca stesso: «Entro luglio avremo un piano per le ecoballe stoccate in Campania, la cui proprietà è della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ci vorranno soldi e dovranno arrivare da qualche parte, non certo dalla Regione». Lo staff dell'ex sindaco di Salerno è al completo. Con lui c'è Peppe Iannicelli, il giornalista volto noto di una emittente locale, Canale 21, suo ufficio stampa fin dagli albori dell'epopea al Comune di Salerno. C'è anche Antonello De Nicola, portavoce durante la complicata campagna elettorale. Alle 11.30 viene convocata tra sms e mail, una conferenza stampa per rendere noti i nomi della sua giunta.
La conferenza stampa di Vincenzo De Luca
«Colleghi, scattate le foto e poi tutti in fondo. Al presidente non piace avere la ressa di fotografi. Facciamo come si fa con De Laurentiis col Calcio Napoli. E le domande solo sulla giunta, non su altro…non possiamo parlare sempre delle stesse cose…». Le prime disposizioni dell'ufficio stampa ai video e fotoreporter indicano che qualcosa è cambiato. De Luca arriva alle 11.50, è seduto da solo al centro del grande tavolo nella sala giunta rimodernata da Bassolino e successivamente riattata dal suo successore Caldoro. All'ingresso dello stanzone c'è una copia del "Vesuvius" di Andy Warhol, in fondo a coprire la parete una mappa satellitare di Napoli e della provincia. «Troppa Napoli qui, manco nu poco ‘e Salierno, nemmeno un po' di Salerno…» dice sorridendo uno della squadra del neo governatore. E in effetti il presidente non gradisce e la lascia scappare una battuta sull'arredamento «non proprio sobrio…». Gli assessori non sono in sala, c'è qualche consigliere regionale di maggioranza, qualche esponente del Partito Democratico. È tutto un fiorire di battutine caustiche e risposte epigrafiche e non accomodanti, quel De Luca style che poco piace ai giornalisti napoletani, abituati ai lunghi ragionamenti di Bassolino prima e alle risposte pacatissime e moderatissime dell'ex presidente Caldoro poi. «Mi tengo l'Agricoltura come delega, sono appassionato…ho passato la giovinezza tra Immanuel Kant e il Pomodoro di San Marzano» dice ghignando lo sceriffo, ricordando i suoi esordi nel Partito Comunista come delegato al comparto agricolo in provincia di Salerno.
La Grecia di Caldoro e la Grecia di De Luca
«Nel nostro lavoro non conteranno lobby o bandiere di partito, conterà solo la serietà. Non abbiamo bisogno dell'ordinaria amministrazione o del tirare a campare, abbiamo bisogno di gente entusiasta» dice Vincenzo De Luca ed è la chiave di una nuova comunicazione che già si profila all'orizzonte. Primo: non si parla di passato, non si parla dell'eredità della precedente giunta. Al contrario dunque di quanto fatto da Stefano Caldoro che cinque anni fa al suo esordio in Regione disse «rischiamo di fare la fine della Grecia». Ecco, vale la pena di soffermarsi su questa faccenda. Detta ora la frase sulla Grecia, dopo lo storico referendum ellenico, ha tutto un altro significato. Ed è paradigmatica: De Luca vuole essere la Grecia di oggi, quella che batte i pugni sul tavolo e chiede soldi e risorse e uscita dai commissariati straordinari e emergenze croniche (sanità in primis, poi la questione bonifiche e Terra dei fuochi) non come Caldoro che all'epoca accettò i commissari e i tagli d'ogni tipo e in ogni comparto, soprattutto quello cruciale degli ospedali. Punta sull'orgoglio come si è chiaramente visto in campagna elettorale. Se poi riuscirà o meno nel suo intento questo è tutto da capire.
La giunta: tecnica, debole e verticale
«Siamo tutti sotto esame, tutti nessuno escluso. Non si faranno sconti, saremo messi tutti alla prova perché di fronte alle sfide terribili che ci aspettano o si regge alle responsabilità che ci attendono o non si regge» avverte il presidente della Campania: la sua giunta è sì di professori e tecnici, ma è politicamente di secondo piano. Tranne che per qualche nome, come quello del consigliere Paolo De Ioanna, prodiano doc con forti legami nei palazzi romani, già capo di gabinetto di Tommaso Padoa-Schioppa all'Economia. Uomo ombra si conferma Fulvio Bonavitacola che diventa vicepresidente con deleghe, pesantissime, all'Urbanistica e all'Ambiente. Deleghe se vogliamo antitetiche: come gestirà la partita dell'edilizia e di eventuali condoni? La tenuta di un disastrato tessuto urbanistico, ferito da mille schiaffi al paesaggio e l'esigenza di dar seguito a pratiche di condono nei cassetti della burocrazia ormai da anni? Manca la delega ai Trasporti: De Luca dice di averla avocata in realtà si tratta per lo più di crisi economica della società Eav (Circum, Cumana, Sita bus) quindi di fatti da gestire nell'ambito del bilancio. Nei prossimi giorni capiremo se il neo governatore si smarcherà dalla figura di sindaco che lo contraddistingue ormai da un ventennio. E riuscirà a mettere mano al motore "grippato" di una Regione che attende non solo una squadra di governo locale, ma anche e soprattutto attenzioni concrete da parte del governo nazionale.