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Il conducente del bus che ha ucciso Francesca: “Chiedo perdono, sono distrutto”

La drammatica testimonianza dell’autista che ha investito Francesca Bilotti nel campus universitario di Fisciano, in provincia di Salerno: “Non è stata colpa mia, non l’ho vista”, racconta in lacrime alle telecamere di Lira Tv, “Spero che il signore mi dia la forza di andare avanti”.
A cura di An. Mar.
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«Chiedo perdono ai genitori di Francesca Bilotti. Se vogliono possono venire anche ad uccidermi gli do io il coltello, ammazzatemi». Questo il messaggio lanciato ai microfoni di Lira Tv da Pietro Bottiglieri, l'autista alla guida dell'autobus della Sita che lo scorso 24 novembre ha investito e ucciso la studentessa 23enne di Giffoni Valle Piana, all'interno del campus universitario di Fisciano (Salerno). «Chiedo scusa, sono distrutto. Vorrei morire anch’io. Quella mattina era meglio che non mi svegliavo per andare a lavorare».

È proprio il conducente a ripercorre gli ultimi tragici istanti che hanno preceduto l'incidente: «Quando sono arrivato al terminal di Fisciano, a causa della coda degli altri mezzi, mi sono fermato con la parte anteriore che aveva varcato il cancello di ingresso e quella posteriore ancora fuori. Ho atteso che il collega che si trovava dinanzi al mio pullman liberasse la zona ed ho eseguito questa maledetta manovra per portarmi al nostro box. Dallo specchietto la visuale copre soltanto la metà del mezzo ed il fondo e tra l’altro c’erano tanti ragazzi a bordo anche in piedi pronti per scendere. La parte anteriore destra è una zona oscura per noi. Nel fare la manovra purtroppo ho urtato questa ragazza non volendo, che è caduta e … Non è stata colpa mia, l'ho investita – racconta in lacrime – mi dispiace per la famiglia, anche io ho figli». «Non so cosa fare, non sto dormendo, sto piangendo una continuazione e non ce la faccio. Spero che il Signore mi da la forza per andare avanti». «Sono subito sceso dal pullman – riprende il racconto – la ragazza respirava ancora. Ho visto che si agitava prima di esalare l’ultimo sospiro. E il Signore se l’è chiamata». «Quando sono arrivati i soccorsi ed ho visto che porgevano il lenzuolo ho capito quello che era successo. All’arrivo dei carabinieri mi sono costituito. Sono 40 anni che faccio questo lavoro. È andato sempre tutto bene. Questa disgrazia non doveva capitare. È successo quello che non doveva succedere. A giugno sarei andato in pensione. Chiedo ancora perdono alla famiglia».

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