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Il padre di Luigi di Maio ha abbattuto i manufatti abusivi nel suo terreno a Mariglianella

Il padre del vicepremier Luigi di Maio ha abbattuto, a proprie spese, i manufatti abusivi che erano stati scoperti nel terreno che ha in comproprietà con la sorella. Una delle 4 strutture, risultata antecedente al 1967, è stata “graziata” ma sulle altre tre pendeva un ordine di abbattimento di gennaio scorso del Comune di Mariglianella.
A cura di Nico Falco
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Luigi di Maio
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Antonio di Maio, padre del ministro del Lavoro e vicepremier Luigi di Maio, ha abbattuto le strutture abusive che si trovavano nel suo terreno a Mariglianella, in provincia di Napoli. I tre manufatti erano stati scoperti in un'area in comproprietà tra l'uomo e la sorella; il sopralluogo della Polizia municipale era scattato a novembre, in seguito a una inchiesta giornalistica. Durante i controlli erano stati trovati nel terreno degli scarti e materiali edili abbandonati, circostanza che aveva fatto scattare anche l'avviso di garanzia per deposito incontrollato di rifiuti. Il padre del vicepremier, nello stesso periodo, era finito al centro di un'altra inchiesta, basata però sul lavoro nero, con l'accusa di aver tenuto un dipendente non in regola; la questione aveva sollevato un caso politico con reazioni opposte: se da un lato c'era chi puntava il dito contro il padre del vicepremier, chiedendo le dimissioni di Luigi di Maio, dall'altro, invece, si parlava di inchiesta manipolata per colpire il Movimento 5 Stelle. A gennaio il Comune, guidato dal sindaco Felice di Maiolo, aveva emesso una ordinanza di abbattimento.

Antonio di Maio aveva presentato delle controdeduzioni sostenendo che i manufatti, inizialmente quattro, fossero stati realizzati prima del 1967, quando è entrata in vigore la legge sull'edilizia, ma l'ufficio tecnico del Comune aveva parzialmente rigettato la richiesta ritenendo che soltanto uno di quelli ricadeva in quella situazione e che, quindi, per gli altri tre si doveva procedere con l'abbattimento. I proprietari avrebbero potuto presentare ricorso al Tar ma avevano scelto di chiedere 90 giorni di tempo per ottemperare al provvedimento comunale e, nei giorni scorsi, le strutture sono state distrutte a loro spese.

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