Il Pd di Napoli: un partito svilito che “forse non c’è mai stato”
Da scissione dell'atomo a gioco al massacro. Il Partito Democratico di Napoli sta vivendo la fase più bassa dalla sua fondazione. Neanche la catastrofe elettorale è riuscita ad evitare l'acuirsi della guerra fra correnti. Anzi, l'ha alimentata fino a trasformarla in apoteosi dell'autoreferenzialità. Dai tempi del primo segretario, Gino Nicolais, fino ad arrivare all'imminente commissariamento di Venanzio Carpentieri, la compagine democratica napoletana non è mai riuscita ad essere un partito unito, compatto sui territori e nelle decisioni. Tutte rendite di posizione, bandierine da piazzare qua e là, e "correntismo deteriore", come lo ha definito Peppe Russo, ex consigliere regionale ed esponente di spicco del Pd campano. Quello che più conta, in fondo, sono le nomine su cui azzuffarsi, ma mai veramente riprendersi un elettorato che è ormai ridotto all'osso.
Ieri è andata in scena una riunione, l'ennesima, autoconvocata da Andrea America, Peppe Russo e Nicola Foglia, all'interno della sede della sede provinciale di via Toledo. A giudicare dai visi dei partecipanti, il clima sembrava stanco, quasi quello di una resa inevitabile. Nicola Foglia, membro della direzione, ha usato parole significative: "Il Pd, a Napoli, non c'è, o forse non c'è mai stato". Vogliono il commissariamento, e subito. Foglia lancia addirittura una provocazione al segretario nazionale Matteo Renzi: "Venga lui a fare il commissario qui". Dure anche le parole di Tommaso Ederoclite, dimissionario componente della segreteria: "Ci sono state delle aree politiche che hanno fatto il bello e il cattivo tempo del partito. Alcuni consiglieri regionali più di una volta invaso il terreno che spettava all'esecutivo". Mentre Peppe Russo è stato drastico: "Chi è stato artefice del disastro, non può dare anche la terapia". Si riferisce a Valeria Valente, che ha convocato una riunione per organizzare il fronte di opposizione al sindaco Luigi de Magistris per giovedì 30 giugno.
Antonio Bassolino, dal canto suo, ha confermato l'assemblea prevista per il 4 luglio, nonostante la contemporaneità con la Direzione nazionale. Nel post su facebook dell'ex governatore della Campania trapela anche del sarcasmo: "Noi non possiamo andare al manicomio. Dunque ci vediamo il 4 al Filangieri, ad un mese esatto dal primo turno delle elezioni napoletane e dopo intere settimane di assordante silenzio del Pd". L'impressione è che, nonostante il lavoro durissimo che attenderà il futuro commissario, la strada da percorrere sia più impervia che mai. È la storia che ce lo insegna: né Enrico Morando, infatti, né Andrea Orlando, ambedue commissari in tempi differenti, riuscirono nell'impresa di lasciare al partito un'eredità solida, capace di dare quello slancio che manca ormai da troppo tempo.