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L’epatite uccideva anche 500 anni fa: la scoperta sulle mummie di San Domenico Maggiore

Uno studio della McMaster University di Hamilton (Canada) e dell’Università di Pisa ha scoperto le cause della morte di un bambino vissuto 500 anni, i cui resti mummificati sono conservati nella chiesa del centro storico di Napoli: epatite B. La scoperta getta nuova luce sulla malattia.
A cura di Valerio Papadia
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Lo studio delle mummie conservate nella chiesa di San Domenico Maggiore, che sorge nell'omonima piazza nel cuore di Napoli, sta aiutando i ricercatori ad effettuare numerose scoperte sull'esistenza di patologie che si consideravano abbastanza recenti e che invece esistevano anche cinque secoli fa. Nell'ottobre del 2017, una ricerca condotta sulle mummie conservate nella chiesa partenopea, indicò l'esistenza dei tumori già nell'antichità: ora, un nuovo studio, effettuato dalla McMaster University di Hamilton, in Canada, e dall'Università di Pisa e pubblicato sulla rivista scientifica online Plos Pathogens, ha rivelato che anche l'epatite B esisteva, e mieteva vittime, circa 500 anni fa.

Lo studio è stato condotto sui resti di un bambino di circa 2 anni, ritrovato 30 anni fa proprio dall'equipe dell'Università di Pisa guidata dal professor Gino Fornaciari che ha condotto questa ricerca insieme all'università canadese, e conservato, mummificato, nella chiesa di San Domenico Maggiore: il bambino sarebbe morto quasi 500 anni fa si pensava, inizialmente, a causa del vaiolo. "Mentre in genere i virus si evolvono molto rapidamente, è stato visto che questo antico ceppo di HBV è mutato poco negli ultimi 450 anni. È stata infatti rilevata una stretta relazione tra i ceppi antichi e moderni di epatite B: entrambi mancano di quella che è nota come “struttura temporale”. In altre parole, non vi è alcun tasso misurabile di evoluzione per tutto il periodo di 450 anni” ha spiegato il professor Fornaciari.

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