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La mamma del 27enne ucciso a Forcella: “Chiesi aiuto al Papa, ma ha risposto troppo tardi”

Dopo la morte di Emanuele Esposito, il 27enne ammazzato giovedì scorso a Forcella, nel centro di Napoli, emerge un retroscena. La mamma del ragazzo aveva infatti chiesto aiuto a Papa Francesco, ma dalla segreteria del Pontefice avrebbero risposto solo poche ore dopo l’omicidio: “Sua Santità ha fatto tardi, me lo hanno già ammazzato”.
A cura di F.L.
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La mamma di Emanuele Esposito, il ragazzo di 27 anni ucciso nel quartiere Forcella, centro storico di Napoli tra giovedì e venerdì scorsi, aveva provato a chiedere aiuto a Papa Francesco per il figlio. Ma la risposta della segreteria del Pontefice sarebbe arrivata proprio poche ore dopo la sua morte: "Sua Santità ha fatto tardi, mio figlio è stato già ucciso, me lo hanno ammazzato". Queste le parole – riportate dal quotidiano Leggo – che Addolorata Della Femmina, mamma di Emanuele, avrebbe pronunciato a una donna che la mattina di venerdì 10 luglio aveva chiamato per conto del Pontefice per avere aggiornamenti sulla situazione del figlio.

"Sua Santità ha fatto tardi, me lo hanno già ammazzato"

A raccontare l'incredibile retroscena è stata la stessa donna, che ha spiegato come il 21 marzo, in occasione della visita di Papa Francesco a Napoli, aveva provato a consegnare a mano una lettera al Pontefice. Nella missiva chiedeva di aiutare il proprio ragazzo una volta uscito di prigione: "Emanuele doveva uscire l’8 aprile e io mi sono rivolta al Pontefice per chiedere aiuto – ha spiegato la donna -. Mio figlio aveva scontato due anni e quatto mesi per uno scippo e io sapevo che per togliersi dalla strada doveva trovare un lavoro. Una notte ho deciso di scrivere a Francesco: ‘Siamo una famiglia disperata e non vorrei che mio figlio ricadesse nell’errore. Sua Santità, lo aiuti'".

Il tentativo di consegna a mano è andato a vuoto, ma a far arrivare la lettera in Vaticano ci ha pensato l'altro figlio della donna, Pasquale, che è disabile e ha contatti con l'Unitalsi. Mentre la famiglia attendeva una risposta, però, Emanuele era tornato in strada. Proprio lì dove è stato freddato con sei colpi d'arma da fuoco in quella che secondo gli investigatori potrebbe essere una vera e propria faida in corso nel centro storico, dove tra l'1 e il 2 luglio scorsi era stato ucciso anche un giovane latitante di 20 anni, Emanuele Sibilio. A poche ore dalla morte, quella che sembrerebbe essere una vera beffa, dettata dal destino: il telefono della famiglia Esposito che squilla e la segreteria del Pontefice che chiede informazioni sul ragazzo: "Ma è ancora in carcere?", avrebbe chiesto la donna al telefono. Risposta: "No, me lo hanno già ammazzato".

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