Abito a pochi metri da casa dei genitori di Arturo, il ragazzo aggredito in via Foria a Napoli e pugnalato 12 volte da suoi coetanei; in questi giorni ho percorso tante volte il tratto di strada in cui è avvenuto la feroce violenza. All'incrocio con via Cesare Rosaroll non un'auto della polizia, dei carabinieri, dei vigili urbani nemmeno per sbaglio. Nemmeno per «far vedere». Un tempo i ‘colori di istituto', così si definiscono le auto di pattuglia, servivano anche per ribadire la presenza dello Stato dopo un fattaccio. Niente, non c'erano, erano più sopra verso via Vergini, dobbiamo rassegnarci, quell'area resta sguarnita. Dobbiamo per ora rassegnarci anche al fatto che gli autori del gesto tranne uno non sono stati ancora presi. Questione di tempo, si spera.
Nel frattempo Maria Luisa Iavarone mamma di Arturo, dopo aver guidato una mobilitazione di piazza in solidarietà del figlio è comparsa in decine di programmi televisivi, interviste web, su decine di giornali di carta. E oggi, col ritorno a scuola del ragazzo, altre dirette, altre interviste, altre dichiarazioni. Maria Luisa è giovane, piena di energia, sa parlare bene ed è arrabbiata. «Na mamma ch'ha da fa'? …Deve cercare di aiutare il figlio più debole», fa dire Eduardo De Filippo alla sua Filumena a proposito dell'istinto di difesa materno. Un genitore fa così, è giusto che un genitore faccia così anche se significa mettersi in piazza ogni giorno, anche se significa scoprirsi alle critiche di parte del quartiere che mal digerisce certe esposizioni mediatiche per la legalità.
Il sacrificio di Maria Luisa Iavarone e della sua famiglia già così provata, dev'essere però finalizzato a qualcosa. Non può diventare un urlo strozzato nel deserto, finalizzato alle necessità del giornalismo e al dibattito che in periodo elettorale piace ‘al pepe'. Chi risponde ai genitori del ragazzo quasi sgozzato da feroci coetanei al momento quasi tutti senza volto? Alla politica nazionale, regionale e cittadina non basta andare a far visita al ragazzo, è finito il tempo della tazzuella di caffè ascoltando che Napoli nun po' cagnà. Così come le forze dell'ordine partenopee, forse sottovalutando dinamiche troppo velocemente derubricate a ‘emulazione di Gomorra' devono forse rendersi conto che è mutato uno scenario giovanile. Che ha bisogno di strumenti e di approcci nuovi.