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“L’infinito” di Giacomo Leopardi riscritto in napoletano dopo 200 anni

Per i 200 anni de “L’Infinito” di Giacomo Leopardi è comparsa sul web una traduzione in napoletano della celebre lirica del poeta di Recanati. Non a caso, il legame tra Leopardi e Napoli fu sempre molto stretto e alla Biblioteca Nazionale, infatti, sono conservati diversi manoscritti autografi del poeta tra cui le “Operette morali”, i “Canti” e un curioso menù di Capodanno.
A cura di Titti Pentangelo
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Per i napoletani, si sa, il nostro non è un dialetto ma una vera e propria lingua. E in quanto tale capace di dire qualsiasi cosa, usando un lessico tutto suo e delle espressioni particolari. Non stupisce allora che anche il testo de "L'infinito" di Giacomo Leopardi sia stato tradotto in napoletano. Un bel regalo di compleanno per uno dei testi lirici più celebrati d'Italia che proprio quest'anno compie 200 anni. Comparso sul sito dell'Istituto linguistico campano (Ilc) a firma Paolo Martino il testo è il seguente:

L’aggio tenuto sempe dint’ ’o core
stu pizzo ’e muntagnella sulitaria
e st’arravuoglio ’e frasche ch’è nu muro
ca m’annasconne addó fernesce ’o mare.
Ma si m’assetto e guardo i’ me figuro
’na luntananza ca nun tene fine,
’nu silenzio ca mai nisciuno ha ’ntiso,
’na pace ’e Dio ca manco mparaviso.
Troppo pe’ n’ommo, quase fa paura.
E quanno ventulea mmiez’ a ’sti fronne
chillu silenzio ca me dà ’o scapizzo
cu ’sta voce d’ ’o viento se cunfronna
e me veneno a mente ’e ccose eterne
’nzieme cu chelle ca se so’ perdute
e penzo ’e tiempe ’e mo e ne sento ll’eco.
Cu ’o penziero me sperdo int’ ’o sprufunno
e doce doce me ne vaco ’nfunno..

L'infinito di Giacomo Leopardi in napoletano

Con la versione in napoletano, si aggiunge un altro tassello al ricco programma di celebrazioni che hanno avuto luogo in tutta Italia per i 200 anni dell'Infinito di Leopardi. Così la famosissima "siepe che da tanta parte dell'ultimo orizzonte lo guardo esclude" diventa più semplicemente "st’arravuoglio ’e frasche ch’è nu muro ca m’annasconne addó fernesce ’o mare" suggerendo esplicitamente l'immagine della barriera che nasconde ed esclude. Ed è proprio lì che si nasconde tutto il significato dell'Infinito di Leopardi, una lirica potente che fa riflettere sulla forza dell'immaginazione. Proprio la siepe che a prima vista impedisce la vista suggerisce, infatti, dei pensieri imprevisti. Tutto questo viene ben traslato nella traduzione in napoletano dove la fuga dalla realtà ("Io nel pensier mi fingo, s'annega il pensier mio") è rispecchiata dall'atto del perdersi ("i’ me figuro, me veneno a mente ’, Cu ’o penziero me sperdo").

Il legame tra Napoli e Giacomo Leopardi

I diversi manoscritti autografi di Giacomo Leopardi custoditi alla Biblioteca Nazionale di Napoli testimoniano lo stretto legame tra il Sommo poeta e la città partenopea, dove spirò nel 1837. Tra i testi più importanti ospitati dalla Biblioteca ci sono delle lettere intime in cui il poeta discorre con l’amico Francesco Puccinotti e dei testi originali scritti di suo pugno come un menù di Capodanno con 49 pietanze redatto dal poeta quando era ospite di Antonio Ranieri. L'archivio conserva alcune delle pagine più importanti della storia letteraria italiana: le "Operette morali", gran parte dei "Canti" – fra i quali "L’Infinito", "Ultimo canto di Saffo", "A Silvia" e "Il sabato del villaggio" -, alcuni saggi autografi come il "Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica" del 1818 e le oltre quattromila pagine dello "Zibaldone".

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