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Lusciano, prestava soldi agli artigiani rovinati dal coronavirus con interessi del 260%

I carabinieri di Aversa hanno arrestato uno spazzino 59enne di Lusciano con l’accusa di estorsione aggravata e continuata: secondo le indagini aveva prestato soldi con interessi tra il 100% e il 260%, tra le sue vittime anche piccoli artigiani rovinati dal coronavirus che, quando riuscivano a ripagare in tempi brevi il prestito, erano costretti a lavorare per lui gratuitamente.
A cura di Nico Falco
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Immagine di repertorio
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Un netturbino 59enne di Lusciano, in provincia di Caserta, è stato arrestato dai carabinieri con l'accusa di usura continuata e aggravata dall'avere agito ai danni di persone in stato di bisogno: secondo le indagini aveva in più occasioni prestato soldi con interessi altissimi, fino al 260%, e alcune delle sue vittime erano piccoli artigiani rovinati dal coronavirus, che si erano ritrovati in difficoltà economiche per via delle restrizioni imposte dalla pandemia in corso. L'uomo è stato arrestato dai militari di Aversa in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal gip di Napoli Nord al termine delle indagini coordinate dalla Procura di Aversa.

Gli investigatori hanno appurato che l'uomo, proprio sfruttando la situazione di bisogno, aveva prestato del denaro imponendo tassi di interesse che variavano tra il 100% e il 260% su base annua. In pratica, ogni prestito doveva essere ripagato con almeno il doppio della cifra ottenuta, in qualche caso le vittime erano costrette a restituire il triplo di quello che era stato dato loro. In questo modo, con un prestito che continuava a salire per via degli interessi insostenibili, molti si erano trovati in un vortice da cui non era più possibile uscire, riuscendo a ripagare a stento gli interessi senza mai intaccare la cifra che inizialmente avevano avuto.

Quando la restituzione avveniva nel giro di un paio di giorni, hanno inoltre accertato i militari, l'indagato non chiedeva gli interessi ma una somma di denaro una tantum o si faceva pagare per il servizio in prestazioni lavorative: le vittime erano quindi costrette a lavorare gratuitamente per lui.

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