Siamo fatti così. È morto Pino Daniele e gli abbiamo tributato un omaggio commosso, incredibile. E ora dopo l'abbraccio, le polemiche. Del resto, noi sappiamo come funziona, dalle nostre parti: se non ci spicciamo a intitolargli qualcosa, finiamo che passa l'emozione e poi per ricordare il cantautore scomparso giusto un mese fa, dovremo aspettare anni e anni. Che cosa c'è di intolabile? Fosse per me il Maschio Angioino, ma non si può. Dunque dovremmo accontentarci dell'aeroporto internazionale di Capodichino, attualmente intitolato all'aviere Ugo Niutta, medaglia d'oro al valor militare. Ma siccome Niutta non se lo ricorda più nessuno, si è pensato a ribattezzarlo Aeroporto di Napoli "Pino Daniele". C'è una pagina Facebook che perora la causa, c'è una petizione e c'è il parere favorevole del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris.
Ragioniamoci senza farci prendere dalla foga. Che cos'è un aeroporto? Un luogo (qualcuno direbbe un non-luogo) da cui si parte e in cui si arriva. Diciamo che è soprattutto un luogo di partenze: noi meridionali siamo storicamente più abituati al viaggio d'andata e alla valigia di cartone. A chi vogliamo intitolarlo? All'artista che nelle sue canzoni ha espresso il disagio dei giovani partenopei costretti ad andar via, al cantante di "Terra Mia" e "Napul è". Non somiglia questa a una forzatura, un gesto propagandistico e vuoto di significato, una eccessiva voglia di voler piantare una bandierina al solo scopo di dire «ok, l'abbiamo fatto, vittoria, andiamo avanti»? Ma poi, le intitolazioni mantengono viva la memoria? Nemmeno questo è vero: Totò a Napoli non ha avuto ancora il suo museo, il teatro San Ferdinando di Eduardo De Filippo ha riaperto soltanto dopo decenni di chiusura, non per questo i loro nomi e le loro opere sono finiti nel dimenticatoio.
Pino Daniele è stato un grande autore ma soprattutto un grande musicista napoletano. Sarebbe giusto ricordarlo con qualcosa di adeguato. L'auditorium di Bagnoli, ad esempio. Peccato: è chiuso. Quella dell'area Ovest è «tutta n'ata storia» di vergogna.