
Tutti assolti perchè il fatto non sussiste: per il giudice non è stato possibile stabilire quale emoderivato abbia causato i decessi e quindi non è stata comminata nessuna condanna. Si è concluso così il processo sullo scandalo dei decessi che sarebbero stati causati dalle trasfusioni di sangue infetto e che vedeva alla sbarra 9 imputati. L'ultima parola, oggi, al Tribunale di Napoli, dopo due anni di processi e sessanta udienze. Tra le persone accusate c'erano anche Duilio Poggiolini (difeso dall'avvocato Luigi Ferrante), che all'epoca era direttore sanitario del servizio farmaceutico del Ministero della Sanità, e gli ex manager e tecnici del Gruppo Marcucci, Enzo Bucci, Giovanni Rinaldi e Roberto Passino (difesi dagli avvocati Alfonso Maria Stile, Carla Manduchi e Massimo Di Noia).
Il processo mirava a stabilire le responsabilità per la morte di 8 persone, pazienti emofiliaci, che avevano contratto virus dopo la somministrazione di emoderivati; l'ultimo decesso risale al 2011. L'ipotesi di reato era di omicidio colposo plurimo, con l'accusa di aver sottovaluto le misure di prevenzione che la comunità internazionale imponeva già all'inizio degli anni '90. Inoltre, Duilio Poggiolini era accusato di aver favorito le aziende Sclavo e Farmabiagini attraverso omissioni, agevolazioni e autorizzazioni. Erano gli anni '90, il periodo di Tangentopoli: risultò che le sacche di sangue utilizzate, che avrebbero dovuto salvare la vita ai pazienti emofiliaci, erano invece infettate dai virus dell'HIV e dell'epatite B; i contagiati sarebbero stati a decine di migliaia in tutta Italia. Il processo, cominciato a Trento, era stato successivamente spostato a Napoli, con la prima udienza che si era tenuta 25 anni dopo lo scandalo, scoppiato nel 1993. Poggiolini diventò un nome noto in Italia per la storia del suo "tesoro", lingotti, gioielli e oggetti preziosi per miliardi di lire trovati nei più vari anfratti nella villa da sogno all'Eur a Roma in cui viveva con la moglie Pierr di Maria, occultati perfino nel famoso pouf da salotto.
La sentenza del 25 marzo 2019, è stata emessa dal giudice Antonio Palumbo; anche il pm Lucio Giugliano aveva chiesto l'assoluzione per Poggiolini – oggi novantenne e ospite di una casa di cura – nella requisitoria, ritenendo che, pur in presenza di un nesso di causalità tra la somministrazione del prodotto e il successivo decesso, non sia stato possibile stabilire con certezza quale emoderivato fosse alla base del contagio per il singolo paziente.
