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Napoletani scomparsi in Messico

Napoletani scomparsi in Messico: “I corpi trovati potrebbero non appartenere a loro”

“Durante mie indagini ho incrociato fonti giornalistiche, fonti investigative e fonti sul posto e ho concluso che potrebbe non trattarsi di loro – spiega l’avvocato Ferrandino – La carnagione dei corpi ritrovati è molto scura, indios, per intenderci, tipica dell’America latina”
A cura di Gaia Bozza
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Sono giorni di terrore per la famiglia Russo, che non ha notizie dei suoi cari (Raffaele Russo, suo figlio Antonio ed il nipote Vincenzo Cimmino) da oltre un mese. Scomparsi nel nulla in Messico, a Tecalitlàn in Jalisco, il 31 Gennaio scorso. Sono stati trovati cinque corpi smembrati in un Suv rosso, a 70 chilometri dalla cittadina diventata un buco nero per i tre, parcheggiato a bordo di un sentiero rurale nei dintorni di Chilapa, nello stato messicano di Guerrero, nel Sudest del paese. La polizia scientifica che li ha esaminati ha avvertito che, dato lo stato in cui si trovano, sarà difficile identificarli. Ai tre corpi manca la testa e sono in parte smembrati e tagliuzzati, sono stati trovati in dei sacchi di plastica. La famiglia ha chiesto la prova del Dna ma l'orrore potrebbe essere scongiurato: secondo l'avvocato Luigi Ferrandino, che assiste la famiglia Russo, è possibile che non si tratti degli scomparsi. "Durante mie indagini ho incrociato fonti giornalistiche, fonti investigative e fonti sul posto e ho concluso che potrebbe non trattarsi di loro – spiega – La carnagione dei corpi ritrovati è molto scura, indios, per intenderci, tipica dell'America latina". Il legale aggiunge che, ragionando, si può pensare che "se voglio far ritrovare il corpo di una vittima non lo faccio così lontano dal luogo della scomparsa, generalmente. Esiste un elemento inquietante, però, che attiene al colore e al modello dell'auto, un Suv rosso, lo stesso sul quale sarebbero stati fatti salire Raffaele Russo, Antonio e Vincenzo, ma in tal caso sarebbero emersi maggiori elementi da parte degli inquirenti".

La paura resta,  soprattutto perché il cartello "Nueva Generación" che potrebbe aver preso in ostaggio i tre napoletani è famoso per essere anche feroce e sanguinario. Nella sola provincia di Chilapa ci sono stati nel 2017 ben duecentocinque omicidi: seconda in questa orribile classifica solo ad Acapulco. Per la stampa locale, l'ondata di violenza sarebbe dovuta alla faida tra i narcos per il controllo del territorio.

Il cartello criminale è sospettato anche  di atti di "cannibalismo", alcuni dei quali compiuti come rito di iniziazione per i propri affiliati. A questi, infatti, verrebbe chiesto di "nutrirsi" di pezzi di cadaveri dei propri nemici, molti dei quali appartengono al cartello dei Las Zetas, fino a poco tempo fa fortemente egemone in tutto il Messico. Gli stessi membri della "Nueva Generación" si facevano definire "Matazetas" (gli "ammazza Zetas") per i massacri con i quali hanno decimato i narcos avversari nel corso degli ultimi anni. La causa, in questo caso, come anticipato da Fanpage, potrebbe essere una vendetta: i tre potrebbero aver venduto al cartello criminale un generatore di corrente contraffatto o di cattiva qualità. E si sa che, soprattutto in zone più interne, i generatori servono larga parte della popolazione e possono servire anche ai narcos per la produzione di droga.

I punti oscuri nelle indagini sono tantissimi. Quattro agenti della polizia locale di Tecalitlàn (nel sud dello stato di Jalisco), tra cui una donna, considerati al soldo della criminalità organizzata locale, sono stati arrestati con l’accusa di sparizione forzata e hanno confessato di aver venduto per una manciata di euro, mille pesos,  i tre a una gang locale. I poliziotti sono stati rinviati a giudizio. Dopo questo, però, nulla si è mosso e nulla si sa su dove siano i tre italiani. Eppure, si conoscono diversi elementi: il punto esatto nel quale si perde il segnale Gps degli scomparsi, il sospetto che sia coinvolto il cartello criminale "Jalisco Nueva Generacion" che gestisce il traffico di droga nella zona, addirittura si sarebbe sulle tracce di un boss, tale Don Angel.

Le autorità messicane assicurano che la ricerca è serrata, ma i punti oscuri sono sempre di più in questa vicenda che ormai ha assunto i contorni di un vero e proprio giallo. E' passato oltre un mese dal 31 Gennaio scorso, data della scomparsa dei tre, e solo dopo 20 giorni dalla denuncia dei familiari la Fiscalia di Jalisco specializzata in persone scomparse ha iniziato le ricerche. Dopo la confessione dei quattro poliziotti, il loro avvocato avrebbe affermato – come riportano i media messicani – che questa sarebbe avvenuta sotto tortura. Anche su questo sarà aperta un'indagine. I quattro agenti rischiano tra i 40 e i 60 anni di carcere. Ma si tratterebbe, in ogni caso, di meri esecutori: non sarebbero loro i mandanti. Non si ha traccia, intanto, dei tre dirigenti di polizia coinvolti nel caso: il capo della polizia municipale che avrebbe dato l’ordine di agire ai quattro agenti, Hugo Enrique Martinez Muniz, è latitante insieme al suo vice Hilario Farias Mejia e un altro dirigente. La corruzione della polizia è un fenomeno dilagante in Messico, soprattutto in luoghi degradati come Jalisco. Per questo, e non solo, è stato chiesto l'intervento di una task force dell'Interpol che potrebbe partire a brevissimo, ma la sorveglianza è altissima anche per l'esame del Dna: "Al momento del test – annuncia l'avvocato Ferrandino – richiederemo la presenza di un medico legale italiano che possa rappresentare la famiglia Russo: vogliamo che sia presente durante le operazioni".

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