Napoli, 15enne ucciso da carabiniere, gli amici: ‘Aveva fatto una, due rapine, non diecimila’
"Un ragazzo bello, brillante. Non era uno che ha fatto sempre rapine: all'improvviso ne ha fatta una, ne ha fatte due, ma non diecimila". Gli amici di Ugo Russo, i suoi vicini di casa, quelli che trascorrono le giornate tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli, descrivono così il ragazzo che è stato ucciso da un carabiniere durante un tentativo di rapina. E parlano di una realtà che, a loro detta, non lascia alternative, anche se si può comunque cambiare dopo aver sbagliato. "Noi, dei quartieri bassi di Napoli – dicono – ci adattiamo a vivere, perché non veniamo aiutati. Cosa fanno per aiutarci? danno i posti di lavoro ai ragazzi?".
Chi giudica, dicono, lo fa senza conoscere la storia. E si scagliano contro l'operato del carabiniere, che secondo loro ha sparato per uccidere e quando non c'era più pericolo. "Ti fanno una rapina, ci sta che ti devi difendere – argomentano – ci sta. Ma gli hai chiavato una botta (gli hai sparato un colpo, ndr)? non uscire fuori e gli spari un altro colpo in testa. Non è uno che ha sempre fatto rapine, svegliamoci dal sonno. All'improvviso ne ha fatta una, ne ha fatte due, ma non ne ha fatte diecimila. Ci sono persone ignoranti che non hanno scrupoli di coscienza e vogliono giudicare senza sapere".
Si riferiscono alla versione che viene in questi giorni sostenuta dalla famiglia, raccontata per primo dal 17enne complice della tentata rapina e ora collocato in una comunità dopo la convalida del fermo. Il giovane ha riferito che, mentre aspettava Ugo a qualche metro in via Generale Orsini, si è accorto che il militare ha finto di sfilarsi l'orologio e invece ha tirato fuori la pistola, sparando i primi due colpi; dopo sarebbe uscito dall'automobile e ne avrebbe esploso un terzo, colpendo Ugo alla nuca mentre scappava, e un quarto, diretto verso lo scooter, che avrebbe mancato il bersaglio. "Io questo lo definisco un killer – dice un altro ragazzo – perché sai gli hai sparato alla pancia perché gli hai fatto fare un salto di tre metri. Quando se ne sta andando che fai, prendi la mira e gli spari dietro la testa?".
Una ricostruzione che non trova conferma ufficiale. Da quanto comunicato dall'Arma dei Carabinieri, il giovane militare si è qualificato mentre aveva la pistola puntata alla tempia e ha sparato per difendersi, ritenendo che l'arma, poi rivelatasi una replica, fosse invece vera. L'avvocato del carabiniere, Enrico Capone, non ha voluto commentare la versione diffusa dai familiari del 15enne, mantenendo il più stretto riserbo per rispetto ai due nuclei familiari coinvolti e al lavoro della magistratura. "Abbiamo chiarito tutti gli aspetti davanti ai magistrati – ha detto – il mio assistito è molto dispiaciuto per la morte del 15enne ma al tempo stesso è sereno perché sa di avere avuto un comportamento professionalmente impeccabile".