"Napul'è na carta sporca", cantava Pino Daniele ed era il 1984, anni prima che esplodesse l’emergenza rifiuti così come la conosciamo, anni prima della Terra dei Fuochi, anni prima della certezza d'un business gestito dalle ecomafie, prima delle ecoballe, prima delle maxi-discariche. Eppure dopo decenni la città è ancora carta sporca, schiacciata dall’eredità pesante di un passato dal quale non è riuscita a riscattarsi. In una Campania tenta di risollevarsi, una regione in cui lo scorso anno il piccolo centro di Frattamaggiore è stato incoronato comune “riciclone" d’Italia per l’ottima gestione dei rifiuti urbani e lo stato evoluto della raccolta differenziata, Napoli è una zavorra. Lo dicono i dati del rapporto Anci 2014, che vedono Bacoli e Pozzuoli tra i 9 Comuni virtuosi che nel 2014 hanno raggiunto gli obiettivi europei, ovvero il 50% di raccolta differenziata, mentre la città all’ombra del Vesuvio sfiora il 22%. Troppo poco. Troppo poco in una città che sconta un passato di malagestione costato all’Italia una sanzione da 20 milioni di euro scattata per il mancato adeguamento alle regole dell'unione Europea del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania nel 2010- 2011.
E proprio nel 2011, a pochi mesi dal suo insediamento nella sede di Palazzo San Giacomo, l'attuale sindaco Luigi de Magistris annunciava che entro la fine di quell'anno avrebbe portato la raccolta differenziata al 70%. Prometteva la fine dell'incubo. Dopo cinque anni non ci sono, doveroso dirlo, i cumuli che spuntano dagli angoli delle strade – anche se i turisti continuano a immortalarsi accanto ai sacchetti della spazzatura, quasi come se fossero una tour Eiffel del degrado – ma Napoli, è al 90esimo posto – ironia della sorte nella Smorfia la paura fa proprio novanta – tra le città italiane per qualità della vita anche per la scarsa percentuale della raccolta differenziata. E anche stavolta "nisciune se ne ‘mporta".