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Napoli, Strage delle Fontanelle: cinque ergastoli per i capi dei Barbudos

Il boss Antonio Genidoni è stato condannato all’ergastolo insieme ad altre quattro persone, tra cui la moglie e la madre, ritenuti legati al clan dei Barbudos: si chiude così il processo in primo grado per la Strage delle Fontanelle, il raid armato avvenuto nel 2016 a Napoli per il controllo del Rione Sanità che portò a due morti e tre feriti.
A cura di Nico Falco
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Carcere a vita, con isolamento diurno per un anno, per duplice omicidio e tentato triplice omicidio, con l'aggravante mafiosa. È la sentenza di primo grado emessa oggi dalla Prima corte di Assise (presidente Provitera) nei confronti di mandanti ed esecutori della Strage delle Fontanelle, una delle più violente azioni di fuoco della storia recente della camorra. Scene da guerriglia urbana, che furono l'apice dello scontro tra il clan Genidoni-Esposito, i cosiddetti Barbudos, e i Vastarella, per il controllo del rione Sanità, nel centro di Napoli.

I giudici hanno condannato all'ergastolo Antonio Genidoni, figlio del boss Pierino Esposito; il suo braccio destro, Emanuele Esposito; Alessandro Daniello; Addolorata Spina e Vincenza Esposito, rispettivamente madre e moglie di Genidoni. Sono ritenuti mandanti ed esecutori del duplice omicidio di Giuseppe Vastarello e del cognato Salvatore Vigna, e del ferimento di Dario Vastarella, Antonio Vastarella e Alfredo Ciotola, anche loro imparentati col capoclan Patrizio Vastarella.

Era il 2016, nel pieno della faida per il Rione Sanità. Nel novembre 2015 era stato ucciso il boss Pietro Esposito, davanti alla Basilica, e nel successivo gennaio sotto i colpi dei sicari era caduto il figlio, il 21enne Ciro Esposito ‘o Spagnuolo. Due agguati organizzati dal clan Lo Russo. Ma a contendersi quei vicoli c'era anche il potente clan Vastarella, che come roccaforte aveva proprio la zona delle Fontanelle. Così il 22 aprile partì il commando di morte, destinazione il circolo Maria Santissima dell'Arco in via Fontanelle, 193. Un raid armato con l'ordine di sparare nel mucchio, di uccidere tutti quelli che avevano a che fare col clan rivale.

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