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Covid 19

Nell’ospedale Cotugno solo 3 in Rianimazione, Di Mauro: ‘Virus meno aggressivo’

Nella Terapia Intensiva Covid del Cotugno, riferimento in Campania per il coronavirus, ci sono oggi, 15 maggio, 3 persone, una delle quali trasferita da un altro ospedale. Numeri molto bassi, che però non fanno calare l’attenzione sulla pandemia. A Fanpage.it lo racconta il direttore generale dell’Azienda dei Colli, Maurizio Di Mauro.
A cura di Nico Falco
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Nell'ospedale Cotugno di Napoli, punto di riferimento per l'emergenza coronavirus in Campania, al momento ci sono soltanto 3 persone ricoverate nella Terapia Intensiva Covid, una delle quali arrivata in mattinata dal Ruggi d'Aragona di Salerno. Un dato che, spiega a Fanpage.it il direttore generale, Maurizio Di Mauro, è confortante ma che non deve far abbassare la guardia. Complessivamente nell'ospedale napoletano oggi, 15 maggio, ci sono una quarantina di pazienti affetti da Covid-19, di cui alcuni in terapia sub intensiva e gli altri nei reparti ordinari.

"In questa Fase 2 è successa una cosa un po'… strana dal punto di vista epidemiologico – continua Di Mauro – abbiamo visto che questo virus mostra una aggressività minore. Abbiamo vissuto tutta la fase più critica, quella iniziale, quando al nostro Pronto Soccorso arrivavano pazienti in condizioni drammatiche e andavano direttamente in Terapia Intensiva. In questa Fase 2 stiamo verificando che, proprio dal punto di vista sintomatologico, è come se questo virus fosse meno aggressivo, nel senso che abbiamo visto che molti dei pazienti che risultano positivi ai tamponi mostrano una patologia molto, molto lieve se non quando del tutto asintomatici".

Malgrado i risultati incoraggianti, però, il Cotugno ha scelto di non abbassare la guardia, anche mantenendo i posti riservati ai pazienti Covid in Terapia Intensiva. L'ospedale napoletano ha nei giorni scorsi avviato anche la sperimentazione della terapia al plasma, usando gli anticorpi di pazienti guariti per fornire una risposta immunitaria immediata ai nuovi contagiati; tra i primi a donare, proprio i medici e gli operatori sanitari che erano stati contagiati in reparto e che hanno superato la malattia.

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