Processo Davide Bifolco, in Aula i carabinieri che videro la morte del ragazzo
Oggi riprende del processo per la morte di Davide Bifolco, il ragazzino di 17 anni che, nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2014, ha perso la vita nel Rione Traiano di Napoli: un colpo sparato dalla pistola di un carabiniere, al termine di un inseguimento, gli si è conficcato nel petto e non gli ha lasciato scampo. Il processo si avviava ormai a una inevitabile chiusura: è stato deciso il rito abbreviato e il capo di imputazione è "omicidio colposo per imperizia e negligenza nell'uso delle armi". Il colpo, insomma, sarebbe partito dalla pistola d'ordinanza a causa di omissioni ed errori del militare nel controllo e nell'uso dell'arma.
Processo Bifolco, le richieste dell'accusa
La condanna chiesta è di 3 anni e 4 mesi. Ma sono molti gli elementi oscuri in questa bruttissima vicenda, nella quale per mesi una cattiva informazione ha stigmatizzato la vittima – 17 anni, senza precedenti penali – perché era su un motorino con altri due ragazzi, senza casco. Una vittima "di serie b" perché era nato in un posto di periferia, dove spesso ci si perde e ancora più spesso si prova a non farlo. Ma la richiesta dell'avvocato Fabio Anselmo, legale del processo Cucchi e molti altri "caduti dalle scale" che assiste anche la famiglia Bifolco, è stata accolta e lo scorso 1 ottobre c'è stato il colpo di scena: è stata riaperta l'istruttoria in un procedimento considerato ormai quasi chiuso. Oggi saranno sentiti i due carabinieri che erano di pattuglia con l'imputato e poi sarà sentito, in seguito, il perito balistico. Perché? Perché ci sono moltissime cose che non tornano e che Fanpage.it ha ricostruito in un ampio articolo: la dinamica dello sparo, i tempi, le contraddizioni tra la versione dei fatti offerta dai militari agli inquirenti e le conversazioni radio di quella notte, che l'avvocato Anselmo aveva fatto acquisire e che "danno atto di un film diverso da quanto scritto negli atti di indagine – spiega Anselmo – Il giudice, riaprendo l'istruttoria, ha fatto il suo dovere ma purtroppo non capita sempre", osserva amaro il legale.
Davide Bifolco, la incongruenze nella versione dei carabinieri
I due testimoni dovranno probabilmente risponderne oggi, in aula. Nelle conversazioni radio – tra le altre cose – emerge una diversa descrizione delle persone che stavano inseguendo, rispetto alle dichiarazioni rese agli inquirenti, tanto da far sorgere il sospetto che possa esserci stato uno scambio di persona tra un latitante – Arturo Equabile – che non è stato mai confermato fosse sul motorino (anzi, la circostanza è stata più volte smentita), e il povero Davide. Se questa ipotesi risultasse vera le cose cambierebbero radicalmente: ci si troverebbe non più davanti a una "colpa", ma davanti a un "dolo". "E' morto un ragazzo di 17 anni io mi aspetto l'esigenza di ulteriori approfondimenti. – commenta Anselmo – E' una esigenza insopprimibile e inevitabile. Ai familiari di Davide e alla città di Napoli va risposto con legalità e la giustizia. Io ho da porre alcune domande al giudice, ma credo che lui ne anticiperà molte". L'avvocato, come spesso fa in processi complicati e di "malapolizia", ha chiesto un maxischermo per mostrare meglio i fatti di quella notte e le sue domande.
La deposizione del carabiniere
Ancora: nel descrivere come sarebbe avvenuto lo sparo, il carabiniere imputato si corregge e rettifica la dinamica in maniera evidente; in particolare in una prima versione il dito era già sul grilletto, in una seconda il dito sparisce dal grilletto e ci finisce quasi per caso: "Preciso che prima di inciampare il dito non era sul grilletto (…) A causa dell'inciampo il mio dito ha pigiato il grilletto e non so neanche io come sia potuto accadere”. Il militare descrive una colluttazione: in particolare, il colpo sarebbe partito durante il tentativo di arrestare l'amico di Davide con una sola mano, tenendo nell'altra la pistola pronta a sparare, con il dito che sarebbe scivolato "da solo" sul grilletto. Ma il consulente della Procura ha confermato che lo sparo avviene solo quando c'è una pressione sul grilletto della pistola, e non attraverso urti accidentali. Nessuno ha mai chiesto conto al carabiniere di queste contraddizioni. Di più: non tornano i conti nemmeno sui tempi e su ciò che ha raccontato uno dei due testimoni, il carabiniere che era nell'auto con l'imputato, che pochissimo tempo dopo l'incidente non vede, allontanandosi, alcuna colluttazione tra il collega e l'amico di Davide, ma vede una scena statica: il collega in piedi, l'amico di Davide in ginocchio e non vede Davide, che è a terra. E dov'è la colluttazione?
Ma anche le conversazioni radio, che la difesa di Bifolco ha sincronizzato con il video di una sala giochi nei pressi del luogo dell'omicidio, gettano un'ombra su questa ricostruzione: si può vedere il momento dello sparo e cioè quando tutti scappano, mentre quello dell'incidente è quando tutti si avvicinano verso il viale Traiano. Tra questi due momenti pasano 5 o al massimo 8 secondi. Un tempo decisamente breve per scendere dall'auto (lato passeggero), armare la pistola, girare intorno all'auto per avvicinarsi ai ragazzi, restare coinvolto in una colluttazione, inciampare e sparare. "E poi il foro nel petto di Davide, lei lo ha visto?", ci chiede l'avvocato Anselmo. La famiglia diffuse le foto su Facebook, immagini forti che -purtroppo – abbiamo visto in tanti. "Ebbene, quel foro è circolare: questo suggerisce uno sparo diretto". Ma questo fa parte di un'altra tappa del processo. Stamattina, a parlare saranno i militari che hanno vissuto quella notte: una notte sulla quale la nebbia è ancora fitta.