Rivolta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, indagine su violenze sui detenuti
La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha avviato una indagine sulla rivolta che si è verificata nei giorni scorsi nel carcere sammaritano. Dopo la protesta, scattata il 6 aprile, c'era stata una perquisizione in tutte le celle del carcere in provincia di Caserta ed erano stati rinvenuti diversi strumenti atti ad offendere, come spranghe ricavate dalle brande e pentolini che erano stati usati per bollire l'olio utilizzato per minacciare gli agenti nelle ore precedenti. Il controllo a sorpresa era sfociato in tensioni che avevano portato al live ferimento di alcuni dei poliziotti impegnati nelle verifiche.
Ora la Procura vuole accertare se in quelle ore ci siano state delle violenze contro gli agenti o contro i detenuti. Se ci siano stati dei "pestaggi punitivi" ad allarme rientrato, come ritorsione.
La rivolta era scattata in seguito alla scoperta di alcuni casi di contagio in carcere. Circa 150 detenuti si erano impossessati delle chiavi di sei sezioni del carcere e le avevano occupate, costringendo gli agenti della Penitenziaria ad allontanarsi. La protesta era stata sedata soltanto a notte inoltrata, quando la direzione del carcere aveva assicurato che a tutti sarebbero stati eseguiti i test per verificare l'eventuale contagio da coronavirus.
Nei giorni scorsi i garanti dei detenuti di Napoli e Campania, Pietro Ioia e Samuele Ciambriello, e l'associazione Antigone avevano denunciato presunte violenze avvenute dietro le sbarre; in particolare, erano state pubblicate le fotografie di un detenuto di 41 anni di Afragola, appena scarcerato da Santa Maria Capua Vetere, che sulla schiena ha segni che sembrerebbero quelli di manganellate e di calci.