Scampia, cronache dalla periferia isolata da sempre nel primo giorno di chiusura da Coronavirus
A Scampia i baristi mettono al lavoro i loro pollici che sfogliano pagine e pagine di portali, ma non solo. I meme si confondono con le immagini di ambulanze di biocontenimento dalle quali fuoriescono operatori con mascherine e uniforme bianca: quanto basta per scatenare la paura nei gruppi Whatsapp degli abitanti delle Vele. Si vocifera che un giovane abitante della Vela Gialla sia stato caricato d’urgenza. Ma le parole e i messaggi vocali si rincorrono con una tale rapidità da isolare i messaggi in cui viene detto che non necessariamente l'uniforme di quegli operatori sanitari sta ad indicare un contagio avvenuto. Intanto qualcuno prova a stemperare tensioni e distanze salutandosi col piede; Carlo inveisce contro le malelingue su Facebook, colpevoli di aver diffuso la notizia di un contagiato nel rione, ma la verità è che suo figlio è solo febbricitante; in un quartiere storicamente incapace di favorire spazi di socialità l’auto-quarantena è indicata dal numero impressionante di automobili messe a riposo.
In uno studio medico del Monterosa (che sarebbe una via del quartiere, ma per i residenti pare un rione a parte) i pazienti attendono la consegna delle ricette che avviene da un balcone al primo piano: il medico, armato di mascherina, si affaccia e legge il nome del paziente, tra le risate di alcuni che ancora non si rendono conto della situazione e provano a distrarsi ai bar semivuoti. Per le strade del quartiere il silenzio viene infranto dalle ruote delle vetture e la rotatoria della stazione della metro di Scampia viene attraversata con apparente serenità. Il pescivendolo non sa cosa fare, così aiuta l’operatore dell’Asia a scaricare il cassonetto. Non s’ode voce di clacson. Le persone si sono volatilizzate. O sono in procinto di farlo.