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Secondo i giudici Ciro Esposito ucciso per “una bravata”. La mamma: “Ammazzato un’altra volta”

L’ultras romanista Daniele De Santis è stato condannato a 16 anni in secondo grado dopo averne avuti 26 in primo grado. Secondo le motivazioni dei giudici della Corte d’appello l’omicidio di Ciro Esposito avvenne a causa di “una bravata”.
A cura di Enrico Tata
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Non fu un agguato, né una rissa. L'omicidio di Ciro Esposito avvenne a causa di "una bravata". Lo sostengono i giudici della Corte d'Appello di Roma, che così scrivono nelle motivazioni della sentenza per il ferimento, rivelatosi poi mortale, dell tifoso napoletano da parte di Daniele De Santis. L'ultras romanista è stato condannato a 16 anni in secondo grado dopo averne avuti 26 in primo grado.

La mamma di Ciro Esposito: "Con questa sentenza lo hanno ucciso un'altra volta"

"Con questa sentenza hanno ucciso mio figlio un'altra volta", è il commento della mamma di Ciro, Antonella Leardi, dopo aver letto le motivazioni della sentenza. Esposito fu ucciso da un colpo di pistola il 3 maggio 2014 a Roma prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. Secondo la corte De Santis mise in atto non un agguato nei confronti del giovane tifoso napoletano, ma "una scomposta azione dimostrativa". I tifosi partenopei sarebbero stati, secondo le prime ricostruzioni, colpiti con sassi e bombe carta, ma dei botti, scrivono ancora i giudici, "non si è rinvenuta traccia. Quei botti e quelle bombe sono il frutto della suggestione collettiva, di una ricostruzione ex post. Se i tifosi napoletani si posero all'inseguimento di De Santis ciò accadde per la decisione repentina di Ciro Esposito e di chi si trovava con lui: decisione finalizzata a regolare i conti".

"Ho spiegato alla mamma di Miro che non c'è alcuna azione che si può fare né rimedio giuridico contro questa cosa. Questa è la giustizia italiana. L'unica cosa che possiamo fare è scrivere in un libro quanta amarezza ha subìto una vittima innocente. Come non hanno rispettato la sua memoria", ha dichiarato l'avvocato della famiglia Esposito, Angelo Pisani. Le motivazioni dell'appello sono sintetizzate e pubblicate ieri in un articolo del Corriere della Sera.

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