874 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Si sposano Carlo Cremona e Marco Taglialatela, guerrieri dei diritti Lgbt in Campania

Carlo Cremona e Marco Taglialatela, paladini delle lotte Lgbt in Campania, animatori dell’associazione i-Ken, dopo 22 anni d’amore coronano il loro amore e la loro lunga convivenza con l’unione civile.
874 CONDIVISIONI
marco_carlo_cremona_sposi

A Napoli l'inutile corsa alla foto Facebook della prima unione civile gay c'è già stata. Non l'hanno vinta loro. Ma sono abituati a non vincere, partendo da sinistra. Sono tartarughe, Carlo e Marco. E lo sono loro malgrado. Ci hanno messo oltre vent'anni per coronare davanti ad un ufficiale di stato civile la loro unione. Non è colpa loro: come migliaia di altre coppie hanno dovuto attendere una paginetta di legge che desse alla realtà davanti agli occhi di tutti uno straccio di legittimità normativa. La loro unione, oggi, anche se non è la prima nel capoluogo campano, è la più rilevante. Già, perché Carlo è Carlo Cremona, cuore di i-Ken, associazione di tutela dei diritti Lgbt, una specie di uragano di iniziative e battaglie. E Marco è Marco Taglialatela, sua fondamentale spalla in ogni guerra da intraprendere contro l'omofobia, contro la stupidità. Perfino contro certe rendite di posizione all'interno dell'associazionismo Lgbt. Insomma, nell'arcobaleno dei diritti uno è la luce, l'altro i colori.

Perdonerete a chi scrive una certa enfasi. I giornalisti che conoscono Carlo Cremona e Marco Taglialatela hanno tutti avuto a che fare con la loro euforia e le loro iniziative politiche, sociali, culturali. Con le loro battaglie interne a un mondo, quello delle associazioni gay, un tempo monolitico e che in Campania sono stati loro a scardinare. Le case-rifugio per coloro che, manifestatisi gay all'interno delle famiglie ne vengono espulsi come appestati; pubbliche proteste a tutela degli omosessuali aggrediti (realtà in triste aumento), interminabili tavoli per chiedere alle istituzioni una mano (e i fondi) per le iniziative anti-omofobia. E il Gay Pride: Carlo e Marco sono stati i primi a portare il clima internazionale del Pride all'ombra del Vesuvio.

In quest'articolo ci sono due foto. Dall'una all'altra sono passati decenni.
Lo scrive Carlo, ricordando in queste ore il suo percorso d'amore.
Ed è la riflessione migliore che ho letto in questi mesi, da schiaffare in faccia a chi, in una incomprensibile follia, anche in Parlamento, ha manifestato contro una legge per le Unioni civili.

«È una vita, una bellissima e ricca vita. Sono oltre 22 su 44 anni, tolti i primi 14 ne restano 8. Sono solo otto gli anni su quarantaquattro in cui non ho vissuto l'amore con Marco. Pensate con noi che fra soli due anni dal matrimonio festeggeremo le nostre nozze d'argento. Pensate con noi che l'Italia arriva dopo 20 anni a mettere su una paginetta una formula e dei numeri ( articolato giuridico) che permette a noi tutti di poter dire difronte a testimoni che vogliamo accudirci e vogliamo prenderci cura reciproca. Ci arriviamo da vecchi ma non troppo, quando le nostre famiglie sono vecchie i nostri amici già affermati e con figli adolescenti, mentre altri amici purtroppo non ci sono già più.

L'Italia per noi, per la nostra generazione ha dato una storia da raccontare insieme non un libro da scrivere tutto bianco.
Pensate con noi che non ci arriviamo per scelta, ci arriviamo per disgrazia; la comune disgrazia di vivere in un Paese lento, ritardatario, di discussioni infinite e di ingiustizie sociali dell'angoscia di un disegno di legge in discussione da troppo. Noi abbiamo dovuto lottare in famiglia, con lo stato, i partiti politici, sindacati per essere considerati. Abbiamo dovuto gridare Amore in ogni dove ed essere risposti ‘perversione', ‘abominevoli', ‘contro natura', ‘creatori di  disordine naturale' e nonostante ciò abbiamo soccorso, aiutato, creato aggregazione, sollecitato giustizia sociale . Ci siamo dovuti anche accontentare per poi capire che non tutto può essere accettato dove quel tutto eravamo noi, le nostre vite, le nostre famiglie , la nostra felicità quindi la nostra esistenza.
Noi, per fortuna, non siamo stati lasciati soli dalle nostre famiglie, che nel frattempo sono prima cresciute e poi invecchiate nella certezza del nostro amore da mia nonna di 90 anni che ci ha augurato ogni felicità nel rispetto reciproco, alla mia zia Maria che ha 86 anni ci ha abbracciato o ai nostri stessi genitori ultra settantenni.
Questo giorno, che per alcuni capita durante una partita di calcio importantissima, noi non lo abbiamo scelto, siete voi che lo avete scelto per noi. Io e Marco ci saremmo voluti sposare, unire, regolarizzare già 15 anni fa, ma non ci era consentito, ed abbiamo dovuto aspettare 23 anni per avere il nostro momento di felicità. Ci spiace interferire con il calcio ma vorremmo che voi tutti rifletteste in modo profondo sul valore delle cose in un contesto culturale in cui l'umanesimo ha sempre meno peso e la rinuncia ha perso il significato solidale a danno di una visione egoista del mondo.
In questi 23 anni abbiamo pianto, sofferto ci siamo demoralizzati per poi trovare nella nostra unione la forza. il nostro motto era "uniti saremo forti" e così siamo andati avanti per 23 anni fino ad oggi.
Ci siamo anche andati a sentire de visu gli insulti omofobi dei senatori durante il dibattito legislativo della legge Cirinnà e mentre li ascoltavo mi chiedevo "ma perché?".
Abbiamo dovuto subire prima l'oblio e poi i tentativi falliti di mobilitazione antigay mentre oggi prepariamo gli abiti della nostra cerimonia, invitiamo i nostri amici, raccogliamo pensieri dolci e deludenti defezioni, raccogliamo i nostri pensieri e speriamo che in molti e molte, se ne fottano del calcio, del pallone e del campionato e vengano a tifare per l'amore, i diritti civili e per costruire ancora con noi un Paese più giusto, accogliente e migliore».

874 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views