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Spacciatori a stipendio, la banda pagava le ‘mesate’ agli affiliati: anche 1.200 euro

Alcuni dei componenti della banda di spacciatori smantellata dai carabinieri della Compagnia di Marano (Napoli) ricevevano una quota fissa dall’organizzazione, uno stipendio mensile. Altri, invece, venivano pagati a cottimo. Emerge dall’ordinanza che ha portato ai 24 arresti della banda di pusher collegata al clan Orlando di Marano.
A cura di Nico Falco
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immagine di repertorio
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Tra i componenti della banda smantellata dai carabinieri e collegata al clan Orlando c'erano quattro persone, ritenute affiliate direttamente al clan, che si occupavano del controllo del territorio e del traffico di droga, della risoluzione dei contrasti interni ed esterni e anche della distribuzione delle "mesate" agli affiliati. Stipendi e pagamenti, che venivano corrisposti mensilmente e che tenevano conto anche dei detenuti e soprattutto di chi aveva un parente che stava scontando una pena perché legato al clan Orlando di Marano. Lo si evince dall'ordinanza che ha portato al blitz da 24 arresti, eseguito dai carabinieri di Marano nella notte del 5 febbraio.

Dall'ascolto delle telefonate intercettate gli inquirenti hanno accertato che alcuni dei componenti venivano pagati a cottimo, ovvero sulla base di quanto riuscivano a ricavare col traffico di droga, ma altri invece ricevevano un fisso mentile, che però non veniva corrisposto sempre con puntualità.

Uno degli indagati aveva il diritto di precedenza perché il padre è detenuto per partecipazione al clan Orlando, come gli ricorda la fidanzata in una telefonata intercettata, e anche lui stesso è al servizio dello gruppo criminale, per il quale fa il picchiatore (si occupa delle "paliate"). Il ragazzo riceveva, come lui stesso afferma, 1.200 euro al mese. A un altro indagato, invece, erano stati promessi 500 euro, ma l'incaricato del gruppo gli aveva consegnato soltanto 300 euro. E lui aveva cominciato a prenderli, per timore di perdere anche quelli.

Dall'ordinanza emerge anche un altro episodio, relativo alla scomparsa di una partita di droga, custodita a casa di un complice in Sardegna e destinata allo smercio sull'isola. In quella circostanza uno degli arrestati contattò il ragazzo accusato del furto, avvisandolo che sarebbero arrivate "due macchine da Napoli" e che gli avrebbero ammazzato i figli, "cominciando da quello più piccolo".

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