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Stipendi ai familiari del boss, il figlio lo accusa, ma il boss Bidognetti è stato assolto

Francesco Bidognetti, uno dei boss dei Casalesi, condannato più volte all’ergastolo e in carcere da oltre un quarto di secolo, ha incassato l’assoluzione dall’accusa di associazione camorristica, contestazione relativa agli ultimi anni e durante i quali i suoi familiari (figli e nuore) avrebbero vissuto con i soldi provenienti dalle casse dell’organizzazione.
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Le accuse del figlio non servono a far condannare il padre. E così Francesco Bidognetti, uno dei capi del cartello casalese, condannato più volte all’ergastolo e in carcere da oltre un quarto di secolo, ha incassato l’assoluzione dall’accusa di associazione camorristica, contestazione relativa agli ultimi anni e durante i quali i suoi familiari (figli e nuore) avrebbero vissuto con i soldi provenienti dalle casse dell’organizzazione. La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Napoli Nord (presidente Ciampa, a latere Giordano e Paone) dinanzi al quale in mattinata, prima della requisitoria (chiesta la condanna a 15 anni di reclusione), il pm Alessandro D’Alessio aveva depositato un altro verbale contenente il testo dell’interrogatorio reso sabato scorso dal figlio del boss, Raffaele, pure lui ergastolano e da tre settimane collaboratore di giustizia. Interrogatorio nel quale ha parlato delle attività economiche e del patrimonio del padre – una rivendita di trattori e alcuni terreni – e del suo ruolo nel clan. Al termine della camera di consiglio i giudici, accogliendo le tesi dei difensori (Carlo De Stavola e Nicola Filippelli), hanno ritenuto non provata la tesi dell’accusa, e cioè una prosecuzione della sua appartenente al clan, e assolto Bidognetti.

Il processo e le sentenze

Per lo stesso fatto, oggetto del processo principale e celebrato lo scorso anno con il rito abbreviato, sono state condannate le figlie del capoclan, Katia e Teresa, oltre ad altre venticinque persone, tra le quali la moglie del neo pentito, Orietta Verso. Assolto, invece, l’ex genero del capoclan, Giovanni Lubello.
L’inchiesta della Dea di Napoli aveva portato, due anni fa, a una trentina di arresti a carico degli stretti congiunti di Francesco Bidognetti, conosciuto come “Cicciotto ‘e mezzanotte”, esponente di primo piano della camorra sin dai tempi di Antonio Bardellino e di Nuova Famiglia. Processato e condannato per omicidio nel processo Spartacus nella qualità di esponente della cupola casalese, è stato successivamente coinvolto anche in quello per lo smaltimento illegale dei rifiuti nell’area compresa tra Villaricca, Giugliano e Parete, dove insistevano le discariche di Gaetano Vassallo e Cipriano Chianese. Con quest’ultimo, è stato condannato a vent’anni con l’accusa di disastro ambientale.

Vedovo (la moglie, Teresa Tamburrino, morì di tumore; i figli uccisero il suo medico curante, avendolo ritenuto responsabile di quella morte), ha avuto due lunghe relazioni con due donne, Angela Barra e Anna Carrino, entrambe diventate collaboratrici di giustizia. Katia e Teresa sono figlie di quest’ultima. Con il fratelli Gianluca presero le distanze dalla madre e dalla sua scelta di pentirsi. Scelta che, assieme a quella fatta dal cugino del suo compagno, Domenico Bidognetti, scatenò poi la feroce guerra di camorra culminata con la strage di San Gennaro a Castelvolturno.

Raffaele Bidognetti è, invece, figlio della prima moglie. Sta scontando una condanna definitiva all’ergastolo così come il fratello Aniello. Il 12 aprile scorso è stata ufficializzata la sua collaborazione con la giustizia anche se non è ancora chiaro quale può essere il suo contributo concreto alle indagini in corso. Reggente del clan per poco più di un anno, è detenuto dal 2006. Cioè, da prima delle stragi del 2008 e dell’omicidio di Michele Orsi, l’unico di quell’epoca del quale si conoscono gli esecutori ma non movente e mandante.

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