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Stupro a Pimonte, il parroco alle famiglie del branco: “Venite in chiesa e chiedete aiuto”

Stamattina, alle 9.30, è iniziato l’interrogatorio di garanzia per gli undici ragazzi arrestati. Il parroco alle famiglie: “Se c’è pentimento vero sono tutti accolti, anche il figlio del boss: cambiate vita e venite a parlare con me”
A cura di Gaia Bozza
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La strada del cambiamento è sempre possibile. Anche dopo un orrore così indicibile, anche dopo aver commesso uno stupro di gruppo su una giovane di 15 anni. È il senso del discorso di don Gennaro Giordano, da quindici anni parroco di Pimonte,  piccolo centro arroccato sui Monti Lattari che si affaccia sulla penisola sorrentina, mai prima d'ora toccato da tali avvenimenti. "I genitori di due ragazzi che si sono mostrati pentiti sono venuti in lacrime da me, e mi hanno chiesto un aiuto. Così anche i loro figli, che mi hanno parlato di minacce nei loro confronti da parte di quello che posso individuare come il capobranco". "Padre, se non lo avessi fatto chissà cosa mi sarebbe successo", sarebbe stata la confessione di due dei dodici ragazzi accusati di aver partecipato allo stupro di gruppo. A minacciare sarebbe stato il figlio del boss, in sostanza: ma tutti possono cambiare, soprattutto quando si è poco più che bambini. Tutti possono farlo, anche quelli con un cognome pesante, legato alla camorra locale, come  il ragazzino individuato come il capobranco e altri suoi quattro o cinque coetanei.  "Se si pente, è accolto anche lui in chiesa: ma il pentimento deve essere sincero. Anche una famiglia malavitosa, se cambia vita, è accolta", aggiunge il parroco.  Ed è per questo che rivolge il suo appello ai genitori che non si sono rivolti alla parrocchia per chiedere un aiuto con i figli coinvolti in questa tristissima vicenda: "Venite in chiesa, parlatemi con sincerità, chiedete un aiuto per far cambiare vita ai vostri figli. Spero che verranno a chiedere una mano. Loro devono ricominciare il lavoro con i figli".

A colpire in questo orrore, oltre la terribile violenza che si è consumata ai danni di una ragazzina di soli 15 anni, è l'età dei presunti aggressori, tutti minorenni; è il velo del ricatto che ha avvolto tutto, l'ombra dei social come ulteriore strumento di ritorsione, il fatto che uno dei giovanissimi fosse il figlio del boss. Minacce dal branco alla ragazzina, obbligata da quello che credeva essere il suo fidanzato ad avere rapporti sessuali con altri 11 coetanei, sotto la scure della diffusione di video pedopornografici via Whatsapp. Minacce anche a chi ha diffuso la notizia dello stupro sui social: "Un mio amico è stato affrontato in piazza – racconta il parroco – da uno dei ragazzi coinvolti ed è stato intimidito perché aveva diffuso su Facebook la notizia dell'inchiesta sullo stupro".

Stamattina mattina, alle 9.30, è iniziato l'interrogatorio di garanzia per gli undici arrestati. Età media: 15 anni. Qualcuno ne ha appena compiuti 14 e il dodicesimo coinvolto non è imputabile perché ha meno di 14 anni. L'avvocato Rosalia Minieri, che assiste uno degli arrestati, commenta con poche parole: "L'ho visto emotivamente provato". Poi non se la sente di aggiungere altro: "Parliamo di persone appena adolescenti. Quasi impossibile commentare".

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