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Terra dei fuochi, De Luca chiama camorristi gli attivisti: “Quante sacchette valgono le nostre vite?”

Il governatore li ha definiti “camorristi, squadristi, mandati e pagati” ma si tratta di mamme, studenti, contadini, sono gli attivisti dei comitati della terra dei fuochi che rispondono alle accuse di Vincenzo De Luca: “Non si permetta mai più di chiamarci camorristi, i veri sacchetti con i rifiuti pericolosi bruciano in Campania tutti i giorni”.
A cura di Antonio Musella
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Il presidente della Regione Campania li ha chiamati "camorristi, squadristi e delinquenti di vario tipo", si è recato perfino alla Questura di Napoli consegnando un dossier contenente la ricostruzione di quelle che definisce "aggressioni". Si tratta degli attivisti dei comitati della terra dei fuochi che, in verità, da più di un anno e mezzo contestano il governatore. Gli episodi "incriminati" sarebbero alcune iniziative che hanno visto il lancio di sacchetti di rifiuti, che è bene specificare erano pieni di carta e non di monnezza, all'indirizzo del governatore o della sede della giunta regionale. La prima eclatante manifestazione ci fu nel marzo del 2018, quando un corteo di alcune migliaia di persone arrivò alla sede della giunta regionale campana in via Santa Lucia e sommerse letteralmente uno degli ingressi con i famosi sacchetti. Di lì a poco ci fu la contestazione all'ospedale di Pozzuoli, dove furono lanciati i sacchetti all'indirizzo del presidente. L'ultimo invece è più recente, circa 10 giorni fa in occasione di un comizio in piazza del governatore De Luca ad Aversa in provincia di Caserta. E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e l'ira colorita di De Luca si è scagliata contro i suoi contestatori. "Camorristi, squadristi, gente mandata e pagata" ha detto il governatore a più riprese nell'ultima settimana, anche se non ha mai chiarito da quali evidenze possano essere supportate accuse così gravi. Fanpage.it è andata a incontrare i contestatori di De Luca per chiedergli il motivo delle contestazioni. Marzia Caccioppoli, Miriam Corongiu, Ilenia Iengo, Emanuela Iannò ed Enzo Tosti sono tra gli attivisti in prima linea da anni impegnati nei comitati della terra dei fuochi.

Parla la mamma: "Ho perso mio figlio di 10 anni a causa del tumore"

Marzia è tra le "mamme della terra dei fuochi" che negli anni hanno formato un'associazione e si occupano dei bambini afflitti da forme rare di tumore che abitano proprio nei comuni dove maggiormente si sviluppano i roghi di rifiuti pericolosi. "Io sono una tecnica della moda – spiega a Fanpage.it – ho perso il mio unico figlio Antonio di 10 anni affetto da neoblastoma multiforme un tumore molto raro causato dal danno ambientale. Ho tirato anche io i sacchetti a De Luca, erano pieni di carta ed era un gesto simbolico, sono la manifestazione dei giovani che non trovano soluzioni al problema della terra dei fuochi in Campania. Io non trovo giusto che le famiglie campane debbano andare altrove per potersi curare". Emanuela ha 18 anni, è una studentessa di biotecnologie ambientali a Napoli: "Lo contestiamo perché non fa altro che alzare dei muri di negazionismo – dice – noi sappiamo cosa succede nei nostri territori, la gente continua a morire ed a stare male, lui lo nega continuamente è assurdo". Ilenia Iengo è originaria di Ercolano e lavora all'Università Autonoma di Barcellona: "Le sacchette (come si definiscono in dialetto napoletano ndr) quelle vere piene di rifiuti tossici vengono bruciate sui nostri territori a cadenza giornaliera" spiega. "Nella nostra terra vive da decenni una devastazione ambientale che si è legata ai nostri corpi, per questo la gente si ammala di tumore".

La contadina: "Provateci voi a fare un'azienda agricola in mezzo alla monnezza"

Miriam Corongiu è una contadina originaria del vesuviano, si batte da anni nei comitati spiegando i danni che i roghi tossici e gli sversamenti abusivi di rifiuti in Campania provocano ai prodotti della terra. "Io contesto De Luca – ci spiega – sono tra quelle che hanno lanciato simbolicamente i sacchetti pieni di carta e l'ho fatto perché provateci voi a fare un'azienda agricola in mezzo alla monnezza, questa è la realtà che viviamo in Campania". L'accusa di essere dei "camorristi" ha mandato su tutte le furie l'intero movimento: "Come si fa a paragonare chi contesta a dei camorristi, questa cosa è inaccettabile io sono profondamente indignata per questo" spiega Miriam. A fargli eco è Enzo Tosti, tra i portavoce storici del movimento, vive ad Orta di Atella in provincia di Caserta, è stato tra i principali attori del tavolo di lavoro tra comitati e governo inaugurato dal Ministro dell'Ambiente Sergio Costa poche settimane fa e che si aggiornerà nel mese di gennaio. "Ho cambiato diversi lavori, perché io combatto la camorra tutti i giorni e sono stato costretto a non fare più quello che facevo prima – racconta Tosti – io sono tra quelli che hanno lanciato i sacchetti pieni di carta e al presidente De Luca faccio una domanda semplice: Quanti sacchetti valgono le nostre vite?". Roghi tossici che appestano l'aria, sversamenti abusivi di rifiuti che avvelenano la terra, malattie tumorali che flagellano la popolazione, è questa la realtà, documentata di continuo da Fanpage.it, che denunciano gli attivisti e che li spinge a contestazioni simboliche ad effetto. "Purtroppo nella terra dei fuochi ci si ammala ed io mi sono ammalato – prosegue Tosti – signor presidente non permetta mai più di chiamare gente come noi camorristi, non si permetta mai più".

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